Sos coronavirus e italiani in fuga dai pronto soccorso: restrizioni, paura o caos? Ecco l’odissea di uno di loro

26 Feb 2020 17:50 - di Redazione
Fuga dai pronto soccorso foto Ansa

Se quella contro il coronavirus è una guerra. Provare ad andare a diagnosticarlo è un’odissea. Già, perché in piena emergenza epidemica, gli italiani si ritrovano a fare i conti non solo con un virus sconosciuto dai sintomi simili a quelli di una normale influenza. Ma anche con una serie di nuovi protocolli disposti sull’onda dell’emergenza da un governo impreparato ad affrontare la situazione. Fatto sta che, stando ad un’indagine a campione realizzata su 7 regioni del Belpaese, un dato è ormai certo: gli italiani sono in fuga dai pronto soccorso.

Corinavirus, per gli italiani è fuga dai pronto soccorso

«Avevamo avuto questa sensazione, e abbiamo voluto indagare con un’indagine in 7 regioni italiane, alcune delle quali con casi di Covid-19altre no. Ebbene, il calo medio degli accessi è del 15%. E si oscilla da un -10/15% nelle regioni del Centro-Sud non toccate dal coronavirus, a un -20/30% in quelle con casi di persone infettate». Ne dà notizia allAdnkronos Salute Salvatore Manca, presidente nazionale Simeu (Società italiana della medicina di emergenza-urgenza). Più in dettaglio, l’indagine ha coinvolto Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia Romagna, Lazio, Campania e Sardegna. E come fa sapere l’agenzia di stampa, «il dato è uniforme: con una media del 15% di accessi in meno». Non solo: tra le righe del report, Manca sottolinea come dall’indagine «emerga un dato positivo. I nostri connazionali stanno seguendo le indicazioni delle autorità sanitarie, ministero della Salute e Istituto superiore di sanità, di non affollare i pronto soccorso. E, in caso di sintomi e contatti con soggetti positivi o provenienza da aree a rischio, chiamare i numeri verdi di riferimento».

Fedeli alle istruzioni sanitarie, spaventati dal contagio? o caos generato dai protocolli?

A partire dallo scorso fine settimana sono dunque drasticamente diminuiti gli accessi dei pazienti nei pronto soccorso di tutto il territorio nazionale, con punte del 30% in meno nelle regioni direttamente colpite dal virus, per scendere al 10%-15% nelle altre regioni. «Il calo certamente è frutto del timore del contagio diffuso fra la popolazione insieme all’osservanza delle restrizioni sulla frequentazione di luoghi affollati imposte a livello istituzionale», aggiunge Manca. L’emergenza sanitaria è gestita dove possibile con percorsi dedicati, tendenzialmente fuori dagli ambienti sanitari. In alcune regioni, poi, è stato predisposto l’allestimento di tende esterne ai dipartimenti di emergenza per un “check in pre-triage” dei casi sospetti per la necessità di separare i flussi dei pazienti. Dedicando così spazi appositi all’emergenza coronavirus. Ma è davvero così?

C’entra anche il caos generato dai protocolli

O semplicemente, come accaduto a qualcuno, il caos di protocolli disposti sull’urgenza, e poi cambiati nelle ultime ore, regna semplicemente il caos? Come nel caso di Giuseppe C., tornato da Milano la scorsa settimana, che aò rientro ha accusato febbre, raffreddore e un malessere generalizzato. Il quale, dopo aver fatto tutta la trafila chiamando prima il medico di base. Poi attaccandosi al 1500 per quasi un’ora prima di ricevere risposta per sentirsi poi rimandare alla Asl di competenza. La quale, a sua volta, lo ha rinviato allo Spallanzani che, in ultimo, lo ha semplicemente esortato a consultare il sito del Ministero della Salute. Ma il tampone che G:C avrebbe voluto fare per escludere il contagio da coronavirus nessuno era disposto a farlo o a dirgli almeno come riuscire ad arrivare a farlo…

In difesa dell’ospedale di Codogno in prima linea

«Tutto il personale dell’emergenza sanitaria nazionale, ospedaliera e territoriale – prosegue – sta facendo fronte alla situazione di crisi rispondendo alla straordinaria richiesta di salute della popolazione pur nella situazione di gravissima crisi strutturale e di carenza del personale, ormai endemica e più volte sottolineata. Una realtà difficile, che queste condizioni di emergenza esasperano ulteriormente, facendo il possibile per non far pesare sui cittadini tali gravi carenze. Come società scientifica e come cittadini siamo a fianco di tutti i colleghi direttamente coinvolti. E e in particolare dei medici e degli infermieri del pronto soccorso di Codogno che, attenendosi alle indicazioni del ministero della Salute e sulla base delle informazioni disponibili sui pazienti in osservazione, hanno prestato le cure necessarie e hanno identificato il primo caso di “Sindrome respiratoria acuta grave Coronavirus 2” consentendo l’avvio di tutte le misure del caso».

Ma gli italiani ora disertano anche le visite mediche

Ma oltre a disertare i pronto soccorso, gli italiani evitano anche ospedali e visite mediche. A segnalarlo all’AdnKronos Salute è Susanna Esposito, presidente dell’Associazione mondiale per le malattie infettive e i disordini immunologici (Waidid) e professore ordinario di Pediatria all’Università di Parma. «In questi giorni si è verificato un crollo dell’accesso delle persone in ospedale. Una cosa mai vista prima – assicura Esposito – e questo anche se non c’è motivo di rinviare o posticipare le visite ambulatoriali di controllo, sia in presenza che in assenza di malattie croniche». «Tra l’altro – prosegue la professoressa – i pazienti ci chiedono se venire in ospedale con la mascherina. Ma se non si hanno sintomi respiratori o se non provengono da un’area a rischio, non ha senso metterla. Altrimenti sì: per proteggere gli altri», raccomanda la Esposito.

Sono tanti gli italiani che disertano gli ospedali

Ma nel dubbio molti italiani hanno deciso di rinviare visite e controlli. «Questa settimana avevo una Moc – racconta Rossana R., over 70 di Roma con qualche acciacco ma in buona salute generale – e ho chiamato per disdire. Non mi sembra il caso di andare in ospedale». Franco L., quasi 80 anni, ha invece cancellato un altro esame, un ecocolordoppler. «Da quello che si legge –  dice – questo coronavirus sembra colpire di più gli anziani, e presentarsi in ospedale adesso non mi sembra il caso. Non si trattava di un esame urgente: lo farò in primavera sperando che, come dicono dalla Cina, questa emergenza sia finita».

 

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *