Coronavirus, allarme imprese. La risposta di Milano: “Siamo una città viva”. Ora il governo tolga i balzelli
Il contagio da “coronavirus” (come direbbero i colti dell’ultima ora “vairus”) ha messo a dura prova gli ospedali della Lombardia. In particolare i reparti di rianimazione. Ha mietuto diverse vittime. Soprattutto tra chi, malauguratamente, aveva un quadro clinico già compromesso. E ha costretto in gravi condizioni giovani in forza, come il paziente 1, per il quale c’è ancora apprensione.
Coronavirus, l’ordinanza lombarda e gli effetti choc
L’ordinanza della regione Lombardia, doverosa, seppur ridondante per alcuni, ha condotto alla chiusura delle scuole, di tutti gli ordini e gradi. I centri commerciali (il sabato e la domenica) i bar, i pub e le discoteche, a partire dalle ore 18, i cinema, i teatri, le chiese, ecc. Mentre si cerca di comprendere quale sia la motilità dell’agente patogeno, in relazione alle misure adottate, si delineano alcune considerazioni collaterali.
Intanto, si comprende che il lavoro da remoto – per quelle realtà che lo consentano – è una modalità ugualmente valida per lo svolgimento dell’attività lavorativa. Si apprezza – soprattutto nelle grandi città come Milano – la fluidità del traffico e una riduzione dello smog. Ciò, senza provare alcuna particolare simpatia nei confronti dell’agente virale, come contrariamente ha fatto qualche illuminato. In questo contesto, però, a patire la sospensione della normalità della vita quotidiana ci sono le imprese del commercio e della ristorazione milanese, peraltro già in affanno.
Unione dei brand della ristorazione italiana
Per contrastare gli effetti di una inimmaginabile sequenza di eventi negativi, oltre cinquanta imprenditori si sono riuniti in una associazione temporanea sotto il nome di “Unione dei Brand della Ristorazione Italiana”. L’iniziativa ha lo scopo di devolvere un sostegno economico alle realtà in difficoltà perché come si legge nel comunicato «Milano è una città viva… e una città viva è una città che reagisce». Iniziativa che risponde – si legge nel comunicato – «all’invito del sindaco Beppe Sala che richiama Milano al buon senso. E invita a scongiurare atteggiamenti che possano generare eccessivo allarme, tra cui l’immagine di una città “spenta”».
Allarme imprese, sospendere le imposte
È evidente che l’iniziativa, seppur lodevole, non possa assorbire l’impatto negativo di un tale drastico calo di fatturato. È, per contro, opportuno ipotizzare forme di sostegno alle imprese che abbiano subìto un danno dalla forzata chiusura. La prima iniziativa che sovviene è la sospensione del pagamento delle imposte. Ma in questo caso occorrerebbe un intervento straordinario da parte del governo centrale. Sia per la Lombardia (Milano, in particolare), che per il Veneto: le regioni che offrono maggiori contribuzioni per gettito fiscale.
Se mai si dovesse assumere una tale iniziativa, però, sarà necessario chiedere preventivamente l’autorizzazione a Bruxelles, prima di vedere sanzionata l’Italia, per violazione delle norme del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (Tfue), come accaduto per le zone terremotate. Ancora una settimana di sospensione delle attività, come quella appena trascorsa, dovrà indurre a riflettere con attenzione su una tale iniziativa.