Rigopiano, 3 anni dopo: 29 morti e troppe domande senza risposta
“Le telefonate inascoltate dall’Hotel di Rigopiano, le richieste di aiuto disperate, continue, fino a quando non gli è crollato tutto addosso. Mio fratello mi manca ogni giorno ma più di ogni altro sentimento c’è il dolore fortissimo, il male che provo quando mi trovo a dover ammettere che quegli allarmi lanciati da Gabriele potrebbero esser stati insabbiati. Non vorrei nemmeno pensarla una cosa simile, le istituzioni ci dovrebbero tutelare. Ma c’è tutto uno storico delle indagini, lo riportano gli atti, i fogli spezzati”. A parlare è Francesco D’Angelo, fratello di Gabriele, il cameriere dell’hotel Rigopiano morto dopo aver fatto di tutto per tentare di scongiurare quella tragedia costata la vita ad altre 28 persone.
“Richieste di soccorsi da Rigopiano inascoltate”
Proprio quelle telefonate, 9 alla Prefettura e 19 alla Croce Rossa e quindi al Coc di Penne venute alla luce solo a tragedia avvenuta, sono ora al centro di nuove denunce presentate alla Procura da Gianluca Tanda, fratello di Marco, un’altra vittima di Rigopiano, e dai legali del tecnico comunale Enrico Colangeli e del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. Nuovi elementi che potrebbero arricchire il filone di indagine sull’eventuale depistaggio. “Gabriele era nella Croce Rossa dall’età di 16 anni, aveva esperienza anche nel terremoto dell’Aquila e in quello di Amatrice. Non vorrei che le sue telefonate fossero state nascoste perché ci si è organizzati troppo tardi con il piano emergenza”.
La vittima più giovane aveva 22 anni
Loredana Lazzari, mamma di Dino Di Michelangelo, il poliziotto morto insieme alla moglie Marina Serraiocco ricorda con strazio quei momenti. “Sono passati 3 anni, le forze diminuiscono ma la lottava avanti perché vogliamo giustizia. Potevano salvarsi, non hanno fatto nulla per evitare che morissero così. Penso a mio figlio, certo, ma non solo a lui. La vittima più giovane aveva solo 22 anni. Mi sembra ieri. Bastava che qualcuno mandasse anche solo un elicottero, non ci posso pensare che abbiano dovuto fare quella fine. Gridavano aiuto e sono stati derisi”.
Il giallo del brogliaccio
Uno dei tanti misteri è rappresentato dal brogliaccio del 26 gennaio 2017 della postazione Carabinieri del Centro Coordinamento Soccorsi. Lì venne tracciata la telefonata di Gabriele D’Angelo in Prefettura alle 11.38 del 18 gennaio 2017. I legali del tecnico comunale Enrico Colangeli e del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, imputati nel processo Rigopiano hanno trovato delle incongruenza. “La catena di comando sapeva, ma anche in questo caso il brogliaccio finisce nel fascicolo del procedimento solo nel novembre del 2018, 22 mesi dopo la tragedia. La nostra denuncia mette insieme le concatenate anomalie che nei fatti hanno tenuto fuori le richieste di aiuto di Gabriele D’Angelo per evitare la mala gestione dell’emergenza neve fino alla tragedia”.