Lega, l’abbraccio tra Bossi e Salvini suggella il passaggio del testimone

21 Dic 2019 15:22 - di Tano Canino
Bossi

Umberto Bossi e Matteo Salvini. Il passato e il presente della Lega si materializza all’hotel Da Vinci. Distinti, ma non così distanti. Solo diversi. Entrambi siedono sul palco dell’assise milanese. Con taccuini e microfoni pronti a registrarne gli screzi. Inutilmente pronti. Anche perchè il vecchio leone è sì acciaccato nel fisico, ma la lucidità politica è sempre invidiabile. Entra nella sala su di una sedia a rotelle, l’Umberto. E scatta la standing ovation dei delegati. Così ne approfitta: “Oggi -sibila sornione- non si chiude nessun partito. Ho letto che i giornali parlano di funerale della Lega. Col c…o che è un funerale!”. “Qui non abbiamo ancora vinto, Matteo è uno di quelli che vuole combattere ancora”. “Ci siamo anche noi – aggiunge – il Palazzo non dà niente, dobbiamo avere tanti parlamentari. Non ci darà l’autonomia”. Anche le beghe giudiziarie valgono per quel che sono: “Vogliono processare Salvini. Ma questa è la prova che il partito è importante. Non ho mai visto un segretario della Lega essere in pace”. Poi l’abbraccio con quel Matteo che vent’anni prima lo tampinava da Radio Padania. Il vecchio leader lascia la scena al giovane. Il suo Bossi l’ha già fatto. Quell’abbraccio sugella il passaggio del testimone.

L’abbraccio tra Bossi e Salvini

“Oggi è l’inizio di un bellissimo percorso, è il battesimo di un movimento che ha l’ambizione di rilanciare l’Italia nel mondo” scandisce Salvini dal palco. “Sono stati sei anni entusiasmanti, sono orgoglioso di noi e di voi. Io sono ottimista per natura e sono sicuro che il prossimo anno sarà straordinario”. Il Capitano, ricorda dal palco del 13esimo congresso della Lega la sua elezione. “Il nostro primario obiettivo è ora tornare al governo di questo Paese e voglio essere certo che tutti sappiano che sarà una sfida con potenzialità e rischi enormi. “Ogni tanto – accusa – vedo approssimazione, pigrizia, personalismi e litigi. Noi non siamo qui perché siamo bravi, ma perché gli italiani contano su di noi”. Serve “aprire con intelligenza, ma bisogna aprire la Lega”. “Abbiamo un partito che ha il 30%” e “non si può ragionare come se avessimo ancora il 4%”, argomenta. “Abbiamo bisogno di un movimento snello, che stia al passo coi tempi”. “Chi lascia fuori chi è più bravo, chi tiene le porte chiuse fa il male del movimento”, sottolinea. Certo, conclude  “non subappaltando il movimento a portatori di voti dell’ultim’ora”. Messaggio chiaro. Semplice da capire e veicolare. “Quando torneremo al governo,-chiosa- tra le modifiche alla Costituzione, ci sarà anche quella di cancellare i senatori a vita”. Dulcis in fundo.

 

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