Avvocati e cittadini, le enormi difficoltà della digitalizzazione incompiuta
Avvocati – Riceviamo da Andrea Migliavacca e volentieri pubblichiamo:
Caro direttore,
Le sorprese per gli avvocati (e per i cittadini) non finiscono mai. Qualche anno fa, meritando gli onori della ribalta, qualche illuminato – poi divenuto ministro – ha immaginato di digitalizzare la Giustizia civile, introducendo il famigerato processo civile telematico (Pct). Detto fatto. Comodamente seduto, l’avvocato digitale avrebbe potuto consultare il fascicolo telematico in cui il proprio assistito è parte. Avrebbe potuto estrarre copia di atti, documenti e provvedimenti. Depositare gli atti ed i documenti della parte assistita. Tutto con un click, su tutto il territorio nazionale.
Avvocati penalizzati dalle complicazioni
Non più corse per le segretarie o per i collaboratori (degli avvocati più fortunati), nelle cancellerie dei Tribunali, con l’affanno dell’apposizione del timbro a secco, che recasse la data giusta. Altri affanni, invece, avrebbero preso il posto del deposito cartaceo: il deposito telematico. Per chi non fosse nativo digitale, l’innovazione ha rappresentato un insormontabile ostacolo. Per i meno anziani e non più giovani, sicuramente un aggravio di attività. Il deposito, in astratto semplice, perché affidato a una pec, si complica col certificato digitale (che ha una scadenza) dell’avvocato e del Tribunale di destinazione.
Troppi gli errori del sistema
Gli uni e gli altri vanno tempestivamente rinnovati e spesso non è operazione agevole, anche perché in limitati (ma pur sempre gravi) casi, il rinnovo del certificato porta con sé un errore. Nell’immediato quell’errore non si manifesta, si apprende che qualcosa non abbia funzionato quando il deposito non avviene correttamente. Il sistema non lo riconosce e l’avvocato (o meglio il suo assistito) perde la causa. Errore fatale, atto non depositato, avvocato decaduto. A nulla, spesso, nella irragionevole rigidità di qualche giudicante vale il fatto che l’errore non fosse il proprio ma del sistema.
Il ministero intervenga quanto prima
Anche il processo tributario è, in ultimo, diventato telematico (Ptt). Ma il deposito di atti e/o documenti, come pure la consultazione dei fascicoli sono affidate ad un altro sistema. Che è differente rispetto a quello del processo civile telematico, alimentando così la confusione in chi li adopera entrambi. È evidente che la digitalizzazione abbia scaricato sull’utenza (i professionisti) gran parte del lavoro degli addetti alla cancelleria, con un indubbio risparmio per la pubblica amministrazione. Considerato, però, che non vi sono modalità alternative, legittimamente ci si attende che il ministero offra un sistema ineccepibile, che consenta (gratuitamente) di svolgere queste attività, obbligatoriamente telematiche.
Snellire la macchinosità del sistema
Il territorio nazionale, contrariamente a quanto si possa pensare, non dispone di un solo programma. In Lombardia, ad esempio, la software house che sino ad ora ha offerto il servizio gratuitamente, ha revocato la convenzione e chi vorrà proseguire ad utilizzarlo, dovrà pagare la licenza. In alternativa, gli ordini lombardi metteranno a disposizione un basico programma gratuito. La circostanza rappresenta un momento di riflessione per suggerire al ministero della Giustizia di snellire la macchinosità (di alcuni passaggi di controllo dei depositi) del sistema telematico e rendere fruibile, con un unico semplice programma, il servizio. Ferma restando la libertà, per chi voglia, di accedere al processo civile telematico, con software più sofisticati, a pagamento.