“Taglia-poltrone”, senza correttivi la riforma è meglio abolirla. Legge elettorale: è stallo

11 Ott 2019 13:58 - di Valerio Falerni
correttivi

E ora che succede? Già, quale sarà la prossima mossa del governo giallo-rosso dopo il tanto strombazzato (dai Cinquestelle) taglio delle poltrone? Strano, no? Tutti l’hanno votato, il taglio. E ora tutti a cercare i giusti “correttivi” per evitare di dar ragione a chi in questi giorni di ubriacatura demagogica aveva diffidato gli onorevoli-tacchini dal cedere alla tentazione di costruire la casa cominciando dal tetto. Inutilmente, come si vede. E ora è corsa contro il tempo: tre mesi in tutto. Dopo di che il taglio delle poltrone, che tecnicamente parlando ha il rango di riforma costituzionale, sarà pubblicato dalla Gazzetta Ufficiale e, quindi, legge a tutti gli effetti.

Senza correttivi regioni di serie A e di serie B

Certo, i “correttivi” potranno essere approvati anche dopo. Ma se la maggioranza non trovasse l’accordo interno e i numeri in Parlamento, si correrebbe il serio rischio di votare un domani sulla base di una riforma che produce più problemi di quanti ne risolva. A cominciare dal rapporto tra territori ed eletti: regioni, ad esempio, come Abruzzo, Marche, Sardegna, Ligura e Basilicata vedranno dimezzata la propria rappresentanza parlamentare. A differenza del Trentino Alto-Adige che ne registrerà l’incremento. E questo nonostante, conti meno abitanti delle regioni citate. Ma i “correttivi” dovranno tener conto anche delle dimensioni dei nuovi collegi, e dell’accorpamento delle commissioni parlamentari.

Presentato il comitato promotore del referendum

Infine, la legge elettorale. Il vero punto politico che rischia di frenare l’intesa e di far franare tutto. Al momento non c’è accordo su nulla. «Il modello ideale di legge elettorale non esiste ed è inutile che in questa fase ognuno avanzi il suo», fa sapere Di Maio mentre invoca «un accordo in maggioranza». Ma il Pd già è in preda ai tormenti. E  poiché è la legge elettorale il più importante dei “correttivi” ed anche la soluzione che tiene in piedi tutta la baracca, se non la si fa son dolori. E allora l’unica speranza resterebbe il referendum confermativo. La fondazione Einaudi ieri ha presentato il comitato promotore. Per indirlo, occorrono le firme di 64 senatori o di 125 deputati. Hanno tre mesi di tempo. Che sia la Casta a salvarci?

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