Russiagate, Barr: «L’Italia voleva conoscere la natura dell’inchiesta. E come l’avrei gestita»

29 Ott 2019 17:36 - di Redazione
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Non più solo un’inchiesta giornalistica, per quanto ben informata. Ora a rivelare che il procuratore John Durham, nel suo controverso viaggio in Italia, potrebbe aver trovato «prove interessanti» per il Russiagate è lo stesso l’attorney general, ovvero ministro della Giustizia Usa, William Barr, che a sua volta partecipò agli irrituali vertici estivi con il capo dei nostri servizi Gennaro Vecchione. Barr ha rilasciato un’intervista a Fox News nella quale conferma ciò che l’emittente, vicina a Trump, aveva già anticipato come rumors. “Durham è convinto che in Italia possano esserci informazioni utili all’indagine”.

L’intervista di Barr inguaia Conte?

Dunque, ancora una volta, e da una fonte più autorevole, emerge la possibilità che Giuseppe Conte non abbia detto tutto quello che c’era da dire sul coinvolgimento italiano – a partire dall’Italia di Matteo Renzi presidente del Consiglio – nel Russiagate. E sul ruolo dei nostri servizi che starebbe emergendo dalla contro-inchiesta condotta da Barr e Durham. L’inchiesta esplora l’ipotesi che il Russiagate sia nato non come complotto di Trump contro Hillary Clinton, ma come complotto democratico contro Trump.

“L’Italia voleva sapere come avremmo gestito l’indagine”

“Alcuni dei Paesi che John Durham riteneva potessero avere alcune informazioni utili all’indagine, volevano discutere preliminarmente con me della portata dell’indagine. Volevano discutere della sua natura e di come io intendessi gestire informazioni confidenziali e via dicendo“, ha spiegato Barr. Quindi, parlando delle visite a Roma del 15 agosto e del 27 settembre, l’attorney general ha aggiunto che “ho discusso queste questioni con quei Paesi e ho presentato loro a John Durham e stabilito un canale attraverso il quale può ottenere assistenza da quei Paesi”. “Vediamo come va a finire”, ha proseguito Barr, sottolineando che Durham “sta facendo progressi”. E i progressi di Durham, la cui indagine recentemente è passata da semplice indagine amministrativa a vera e propria inchiesta penale, per Barr sono stati resi possibili grazie alla nuova gestione dell’Fbi. Ma l’ipotesi che circola è che una spinta l’abbiano avuta proprio dalle visite in Italia.

Le origini del Russiagate

È qui da noi, infatti, che potrebbe aver preso forma il complotto. Molto ruota intorno alla figura del professore maltese Joseph Mifsud che, dopo un incontro alla Link Campus University di Roma, avrebbe offerto all’allora consulente della campagna di Trump, George Papadopoulos, materiale “sporco” su Hillary Clinton, sotto forma di migliaia di email compromettenti, in possesso del governo russo. In base all’inchiesta di Durham (e contrariamente a quanto sostenuto nell’inchiesta precedente, condotta dal procuratore Muller), Mifsud non fu altro che un “agente provocatore” manovrato da alcune intelligence occidentali, a loro volta attivate dall’amministrazione Obama. Un caso di corruzione che, per Trump, potrebbe portare “fino al presidente Obama”. E, in Italia, fino a Renzi e ora a Conte, il cui ruolo resta ancora tutto da chiarire.

Commenti

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  • federico barbarossa 30 Ottobre 2019

    che “politici” di MERDA, frase modificata della Cirinnà…..