Agenti uccisi, la poliziotta testimone racconta quei momenti drammatici: «È stato un inferno»

5 Ott 2019 8:53 - di Redazione
poliziotta testimone

Parole sono drammatiche. «È stato tipo Beirut. Non so quanti colpi sono stati esplosi, una infinità. Sembrava di stare a Capodanno con i mortaretti». È il racconto angosciante di una poliziotta testimone della sparatoria alla Questura di Trieste. In una chat di alcuni colleghi parla di quei momenti terribili. Minuti infiniti, i colpi, la morte dei due agenti di 31 e 34 anni, Parte dell’audio è pubblicato sul sito dell’Adnkronos. «La cosa più brutta è stata non poter fare niente, quell’uomo sparava a vista».

La poliziotta testimone: «Ho sentito un colpo sordo e poi…»

«Ero con mia sorella e mio cognato», ha raccontato la donna. «Quando ho visto arrivare i due colleghi con i due uomini. Erano troppo vicini senza manette. Uno dei due ha fatto una battuta. Abbiamo riso, quello che ha sparato scherzava sul fatto di fare basket. Quando sono entrati ho salutato mia sorella. Appena ho aperto il portone della Questura ho sentito un colpo sordo, ma non avevo capito in un primo momento».

La poliziotta testimone continua nel suo racconto. «Il collega dell’ufficio armi è sceso di corsa. Mi ha gridato dove sono?, si sono sparati, corri corri corri. Uno dei due era con la pistola in mano, hanno iniziato a sparare. C’erano vetri e calcinacci dappertutto. Uscito dalla questura c’è stato un conflitto a fuoco. Un collega in atrio gli ha sparato, nonostante sia stato colpito ha continuato ed è uscito».

«Una volta fuori ha incontrato la macchina della Mobile e ha sparato ad altezza uomo. Ha colpito il montante della portiera lato passeggero. I tre colleghi si sono buttati per terra, hanno “cecchinato” la macchina dietro. Ma lui ha sparato 15 colpi. Ferito, si è accasciato a terra».

«L’altro, intanto, era con me, corsa nel frattempo nel sotterraneo. Io ero in borghese, senza armi. Lui scarrellava, metteva e toglieva la sicura. Ho avuto paura, cominciava a vagare per tutta la questura. C’erano colleghi che sparavano, alla fine sono arrivati gli Uopi (unità operative di pronto intervento) nel sotterraneo e l’hanno preso».

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