Nicola Zingaretti sempre con la spina di Matteo Renzi nel fianco

11 Set 2019 20:46 - di Alberto Mariani

Nicola Zingaretti contempla la possibilità di uno “scisma” renziano nel Pd come papa Francesco nella Chiesa cattolica e dice di augurarsi che non avvenga. E ovviamente in pochi ci credono.

Per il segretario che ha fatto dell’unità il suo faro, interpellato sul tema in un’intervista tv, “l’unica cosa che non si capisce è quali motivi possano esserci alla base di un fatto lacerante”. Alla domanda se Matteo Renzi remi nella stessa direzione del Pd aveva risposto nei giorni scorsi: “Mi auguro di sì. Questo serve a lui e all’Italia”. Per poi aggiungere, “vedremo, ognuno deve rispondere delle proprie azioni”.

La scissione come spettro

Dunque, lo spettro della formazione di gruppi parlamentari autonomi renziani – la scissione – resta. Alla Camera si riuniscono per la prima volta dall’inizio della crisi i parlamentari di Base riformista, l’area Pd capeggiata da Luca Lotti e Lorenzo Guerini, acclamato come nuovo ministro della Difesa. Una sessantina i presenti, potenziali truppe dei nuovi gruppi renziani se la “separazione consensuale” si farà. Ma non tutti sarebbero disposti a seguire il senatore di Rignano. Molti considerano più opportuno restare nel Pd. La questione – non toccata oggi nell’incontro – è destinata a tornare fino alla Leopolda, prevista dal 19 ottobre.
Uno scenario in caso di “scisma” potrebbe vedere i fuoriusciti di Articolo Uno rientrare nel Pd ‘derenzizzato’. A domanda Nico Stumpo, deputato di LeU (della componente Art.1, in maggioranza a sostegno del Conte bis), risponde: “Non voglio entrare in casa d’altri, leggo anch’io di ipotesi di separazione consensuale, intanto noi continueremo a lavorare per costruire un centrosinistra capace di essere maggioranza nel Paese”. E prima aveva detto: “Contribuire alla ricostruzione del centrosinistra è uno dei motivi per cui è nato Articolo Uno. Un soggetto non destinato a durare per tre millenni…”.

Zingaretti senza Calenda e Richetti

Il Pd ha per ora perso per strada Carlo Calenda e Matteo Richetti, entrambi a causa dell’alleanza con il M5S. L’ex ministro, e ora eurodeputato, ha annunciato giorni fa la fondazione di un nuovo movimento e il senatore dem sembra intenzionato a farne parte o comunque a collaborare; Richetti dovrebbe lasciare il gruppo dem a Palazzo Madama dopo essersi astenuto sulla fiducia al Conte bis e iscriversi al Misto.
Zingaretti intanto si impegna per un presidente donna per il partito al posto di Paolo Gentiloni, che andrà a Bruxelles, e incoraggia i primi passi del governo che ha contribuito a far nascere. Loda il premier Giuseppe Conte per le mosse in Europa verso la riforma del regolamento di Dublino sui migranti, ma deve fare i conti con le prime potenziali grane con il M5S (Luigi Di Maio convoca i suoi esperti in vista dell’Ecofin: che ne penserà il ministro dem del Tesoro Roberto Gualtieri?). “Al M5S dico: guai a contemplare le nostre differenze – avverte Zingaretti -. Se ci sono bisogna sedersi intorno a un tavolo e trovare una sintesi, nessuno metta la sua figurina Panini…”.

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