L’urlo di Cerciello: «Fermati, siamo carabinieri!». Il carabiniere ucciso con un coltello da marine

29 Lug 2019 14:50 - di Redazione

“Fermati, siamo carabinieri. Basta!”. È Andrea Varriale, collega del vicebrigadiere Mario Rega Cerciello, a ricordare gli ultimi istanti di vita del militare della stazione piazza Farnese, con lui in servizio la notte tra il 25 e il 26 luglio scorsi per recuperare lo zaino di Sergio Brugiatelli rubato dai due americani. Il militare di Somma Vesuviana urlava e intanto veniva colpito con undici coltellate. «Mi hanno accoltellato» è riuscito a dire prima di accasciarsi. I due già fuggivano, Cerciello sarebbe morto di lì a pochi minuti per emorragia al pronto soccorso dell’ospedale Santo Spirito. È tutto nell’annotazione del carabiniere che in borghese era intervenuto insieme alla vittima in via Federico Cesi, nel quartiere Prati, per il tentativo di estorsione fatto da Elder Fiinegan Lee, autore dell’omicidio e dall’amico anche lui di San Francisco, Gabriel Christian Natale Hjorth.

Nell’ordinanza del Gip di Roma Chiara Gallo il delitto del carabiniere eroe viene ripercorso attraverso le dichiarazioni di Sergio Brugiatelli, il primo a entrare in contatto con i due ventenni americani alle 23.30 di giovedì sera. «Mi trovavo in piazza Trilussa in compagnia del mio amico di nome Meddi’ – racconta – quando venivamo avvicinati da due ragazzi stranieri, i quali ci chiedevamo se avevamo della sostanza stupefacente, in particolare della cocaina, da vendergli. Io gli rispondevo che non avevo lo stupefacente con me, ma che ero in grado di recuperarlo. I due ragazzi, convinti dell’acquisto, riferivano che volevano acquistare circa 80 euro di cocaina, andando a prelevare denaro contante presso un vicino bancomat. Tornati con i soldi, insieme si incamminano in direzione dello spacciatore che viene chiamato al telefono da Brugiatelli e invitato a raggiungerlo con la droga.

Il ruolo di Brugiatelli e la fuga dei due ragazzi americani

«Nell’attesa, io e i due soggetti – continua Brugiatelli – ci mettevamo seduti su una panchina, aspettando l’amico con lo stupefacente. Dopo pochi minuti quest’ultimo mi contattava telefonicamente e mi diceva di raggiungerlo dall’altra parte di viale Trastevere». Da lui andranno solo Sergio e “il ragazzo con i capelli biondi”, mentre l’altro restava sulla panchina dove Brugiatelli ha lasciato la bicicletta e lo zaino. Al momento dello scambio l’intervento delle forze dell’ordine manda l’affare “all’aria” e sia Sergio che l’americano acquirente si allontanano in direzioni diverse. Notato il furto dello zaino, la storia è nota, Brugiatelli chiama i carabinieri per denunciare quanto accaduto e chiama il proprio cellulare rubato con il resto. «Mi rispondeva un ragazzo che, con chiaro accento straniero, credo inglese, mi riferiva che, se volevo tornare in possesso del mio zaino, gli avrei dovuto portare un grammo di cocaina e i 100 euro che poco prima avevano consegnato al mio amico».

L’arma del delitto: un coltello da marine americano

Nel controsoffitto della camera ora sotto sequestro i due avevano nascosto l’arma del delitto ancora sporca di sangue, “un coltello a lama fissa lunga 18 centimetri tipo ”Trenknife” tipo Kabar Camillus con lama brunita modello marines (nella foto) con impugnatura in anelli in cuoio ingrassato e pomolo in metallo brunito” e i vestiti indossati durante l’omicidio. Se lo erano portati dietro dall’America.

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