Natale Giunta – fine/Quando il Tar bollò come incapace il Viminale di Minniti

8 Apr 2019 14:21 - di Francesco Storace

Tutto accadde in punto di morte del governo Gentiloni. Fu l’apparato del Viminale di Minniti assieme alla prefettura di Palermo a decidere per la revoca della scorta a Natale Giunta, lo chef che ha mandato i mafiosi del pizzo in carcere. Alla fine di questa inchiesta,  la sentenza del Tar che gliela ridiede – sia pure limitata alla sola Sicilia – è illuminante. Perché Natale Giunta era senza santi in paradiso. E il giornalismo tace.

“Non avete indagato”

La decisione del tribunale amministrativo del Lazio è stata pubblicata nelle scorse settimane, il 21 marzo.
Parole come pietre. Anzitutto per il profilo di Giunta, riconosciuto dal Tar particolarmente meritevole per tre questioni. Anzitutto, per “le denunce sporte contro esponenti della consorteria mafiosa”. Poi, per la “collaborazione fornita nelle indagini che hanno condotto alla condanna di cinque imputati”. Terzo, se non bastasse, il “ruolo esemplare assunto nell’ambito dell’anti-racket”. Non invece a giudizio di chi doveva decidere sulla scorta e che per questo ha dovuto soccombere davanti alla giustizia amministrativa.

E giù una serie di motivazioni a conforto della protezione da riconoscere a Natale Giunta, opposta alla valutazione degli uffici del Viminale. Appare evidente – ha scritto il Tar –  come la decisione della revoca della scorta possa essere adottata solo sulla base di una valutazione “approfondita e specifica in ordine alla situazione di rischio in cui versa il soggetto protetto, motivazione che, nel caso di specie, è invece del tutto mancata“.

Si potrebbe ancora rimediare…

Incredibilmente, nel verbale di riunione di coordinamento delle forze di polizia territoriali del 4 maggio 2018 si nega l’esistenza di “ulteriori elementi confermativi in merito alla sussistenza di una concreta ed attuale esposizione del sig. Giunta a pericoli o minacce”.
Sul punto la condanna netta del Tar sulle inesistenti “adeguate ed approfondite valutazioni, ad opera delle competenti autorità, in relazione alla situazione di potenziale pericolo alla quale potrebbe essere ancora esposto l’interessato”.
Che altro aggiungere? Solo amarezza per come è stata trattata questa storia. Troppa superficialità. Il Viminale può ancora rimediare ai troppi errori fatti. A partire da un servizio di scorta limitato alla sola Sicilia. Anche la mafia viaggia…

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