“Amore criminale”, uccise Nadia Orlando: solo due mesi di carcere, poi i domiciliari
Le ha tenuto una mano sulla bocca e atteso minuti interminabili. Le ha tolto la vita così, nella sua utilitaria, mentre lei si dimenava disperatamente. È la storia di Nadia Orlando, uccisa a 21 anni dall’uomo che aveva amato ma che un giorno aveva deciso di lasciare perché troppo geloso, ossessivo: Francesco Mazzega, 15 anni più grande di lei. L’uomo aveva vagato tutta la notte con il cadavere di Nadia al suo fianco prima di consegnarsi agli agenti del Polstrada di Palmanova. La storia di Nadia Orlando è tornata alla ribalta, protagonista della puntata di Amore criminale su Rai3. Una storia che indigna la Rete – tanti i post su Facebook e altri social network – anche perché Mazzega, appena 57 giorni dopo l’omicidio di Nadia, finisce ai domiciliari a casa dei suoi, a Muzzana del Turgnano, con l’obbligo del braccialetto elettronico. Ed è lì che resta anche dopo la sentenza in primo grado a 30 anni per omicidio aggravato dai futili motivi.
Le minacce in carcere all’omicida di Nadia Orlando
Una decisione – quella dei domiciliari – che arriva dopo una rivolta in carcere contro di lui: i detenuti lo insultano e minacciano dietro le sbarre, tanto che inizialmente per Mazzega si profila il trasferimento in un altro penitenziario. Poi il Tribunale del Riesame di Trieste concede all’omicida di Nadia la scarcerazione, confermata anche dalla Corte di Cassazione, che lo confina ai domiciliari con braccialetto elettronico, in attesa del verdetto definitivo. Una decisione, quella della Suprema Corte, depositata a fine gennaio e in possesso dell’Adnkronos, nella quale la prima sezione penale dà ragione al Riesame nell’aver «considerato correttamente decisivi lo stato di incensuratezza dell’imputato, la sua vita antefatta irreprensibile e insuscettibile di negativi rilievi».
La decisione della Corte di Cassazione
Come finiscono per pesare, nella pronuncia degli ermellini, l’inserimento sociale dell’assassino, «la sua stabile attività lavorativa, le sue condizioni familiari, godendo egli dell’appoggio dei suoi più stretti congiunti ma soprattutto la sua spontanea costituzione e la confessione resa», arrivata dopo aver vagato una notte intera col cadavere della giovane in auto, mentre i genitori, allarmati dal telefonino muto di Nadia, la cercavano disperatamente, mossi da un terribile presentimento. Per la prima sezione penale della Corte di Cassazione, che si è interrogata sui rischi di recidiva prima di confermare i domiciliari a Mazzega, non emergono «pericoli imminenti e di particolare rilevanza non fronteggiabili con gli arresti domiciliari». Nella sentenza si ricorda inoltre che «il carcere rappresenta sempre l’extrema ratio» e che la custodia nei luoghi di pena va «applicata solo quando ogni altra misura risulti inadeguata».