Tav, il compromesso impossibile: Conte temporeggia, Salvini e Di Maio sempre più lontani
Da un lato i due vicepremier su posizioni contrapposte in merito alla Tav, nel mezzo il premier che temporeggia anche telefonando a Juncker e Macron: di fatto, ancora nessuna decisione riguardo la Torino-Lione ma solo l’ennesimo rinvio. Un compromesso che per ora ha rimesso in sicurezza il governo gialloverde dopo giorni in cui sembrava proprio che per Di Maio e Salvini non fosse possibile trovare un punto di intesa sulla Tav.
Tav, Conte telefona a Juncker e Macron. Salvini: «Il progetto va avanti: si farà»
Dunque, si va verso un rinvio dei bandi, ha fatto sapere Palazzo Chigi nelle ultime ore; bandi che «partiranno tra 6 mesi solo se Italia e Francia raggiungeranno un accordo serio. Tutto questo senza nessun costo per lo Stato e senza toccare i soldi degli italiani», scrive su Fb il sottosegretario al Mef, Laura Castelli dei 5 Stelle. Ma bastano davvero queste argomentazioni a rassicurare quanti restano appesi a una decisione sul fronte aperto della Tav? Intanto, con una lettera, in cui si evita il termine “bandi”, il premier Giuseppe Conte ha chiesto alla Telt di «soprassedere dalla comunicazione dei capitolati di gara, al fine di evitare che soggetti terzi possano formulare offerte per la realizzazione dell’opera, condizionando, per tale via, le libere, definitive determinazioni che il mio governo si riserva di assumere nel prossimo futuro». Secondo, di «assumere impegni di spesa gravanti sull’erario italiano» e, ancora, di «adoperarsi per non pregiudicare gli stanziamenti finanziari posti a disposizione dall’Unione europea». Quindi domani a Parigi il Cda della Telt autorizzerà la sua direzione a pubblicare gli “avìs de marchés” (inviti a presentare candidature) «relativamente agli interventi dei lotti francesi del tunnel di base, in modo da rispettare il termine del 31 marzo per la presentazione alla Commissione del finanziamento per l’anno 2019 (Asr 2019)». Quindi al momento Telt non farà partire nessun capitolato di gara, che non partirà mai senza l’avallo del governo italiano e del governo francese, limitandosi per il momento «esclusivamente a svolgere mere attività preliminari, senza alcun impegno per il nostro Stato». Un intervento necessario per non perdere 300 milioni di finanziamenti europei. Per sei mesi quindi non verranno affidati i lavori e – sulla base della clausola di dissolvenza – il governo (sia quello italiano sia quello francese) potrà ritirarsi prima di far partire i cantieri. Basterà motivarlo.
In Consiglio la Lega non potrebbe votare alcuno stop ai bandi, In Consiglio, mentre la via parlamentare…
Tutto in bilico, tutto ancora sospeso: tutto ancora da ri-discutere. Cosa che crea scompiglio nell’accordo di governo e una certa irritazione nel vicepremier Salvini che, con la furia di un fiume in piena, al Corriere della sera che lo intervista oggi, sciorina dati e numeri a profusione. «Guardi qui. Swg ha fatto un sondaggio. I favorevoli alla Tav in Italia sono il 58%, i contrari soltanto il 16%». E ancora: «Il leader leghista fa scorrere il display del cellulare a colpi di pollice: “Nella Lega i sì sono al 75%, ma anche tra i 5 Stelle, i contrari sono al 55%, e c’è anche un 21% di loro che dice sì. Nel Nord Ovest non parliamone”. Parliamone, invece: “I sì sono al 66%. Ah, guardi questa: il 60% degli interpellati dice che la Tav andrebbe fatta anche se non conveniente sulla base dell’analisi costi-benefici». Dunque, si ritorna al punto di partenza senza passare dal via: e come scrive il quotidiano di via Solferino in queste ore, «la prima telefonata della giornata di Salvini era stata con il direttore generale di Telt, Mario Virano: “Per fermare i bandi occorre come minimo un atto del Consiglio dei ministri. Ma, come detto, i ministri della Lega un no ai bandi non lo potrebbe votare”. Ma il presidente del Consiglio avrebbe le prerogative per fermare da solo i bandi? – prosegue il Corriere nell’intervista al leader del Carroccio sullo stallo Tav – Con la Telt “credo che abbia fatto la voce grossa. Detto questo, i bandi li può fermare soltanto o il Consiglio dei ministri oppure il Parlamento”. E qui, secondo il leader leghista, i casi sono due: “In Consiglio, la Lega non potrebbe votare alcuno stop ai bandi”. Mentre la via parlamentare “già in passato è stata utile a definire le proprie posizioni. Si ricorda del Global compact, il trattato sull’immigrazione? Noi eravamo contrari e i 5 Stelle favorevoli. In Parlamento si è trovata la soluzione”»…
Fico fa la voce grossa e sulla Tav ribadisce il suo no che mette in difficoltà Di Maio
Nel frattempo,il presidente del Consiglio in un post su Facebook, a proposito della lettera inviata a Telt., scrive: «Ho chiarito che questo governo e le forze politiche che lo sostengono si sono impegnati a “ridiscutere integralmente” questo progetto e che abbiamo intenzione di interloquire con la Francia e con l’Unione europea alla luce delle più recenti analisi costi-benefici da noi acquisite. Ovviamente non vogliamo che nel frattempo si perdano i finanziamenti europei già stanziati». E la replica di Salvini non tarda ad arrivare: «Non c’è nessuno che vince o che perde, la Lega governa perché vincano gli italiani», taglia corto il vicepresidente del Consiglio e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, dopo gli ultimi sviluppi. Di Maio, dal canto suo, dopo aver ringraziato Conte «perché il lavoro che ha fatto è stato determinante nell’interlocuzione con Telt», ha sottolineato in diretta Facebook che «far rispettare il contratto di governo è rispettare i soldi delle tasse degli italiani». Insomma, allo stato dei fatti, sembra proprio che tutto cambi, perché nulla cambi, ad ogni minuto che passa, anche se Roberto Fico fa la voce grossa e, a Napoli per un convegno sulla criminalità minorile ospitato dal Circolo Posillipo, intervenendo sullo scontro di governo sull’alta velocità ha ribadito comunque il secco “no” dei Cinque Stelle all’opera come uno dei punti cardine del Movimento. La matassa si ingarbuglia, ma i nodi stanno venendo al pettine.