Rapimento Silvia Romano, l’Italia protesta: “Dal Kenya comportamento ambiguo”

27 Mar 2019 16:43 - di Laura Ferrari

I pm capitolini attendono una risposta dal Kenya dopo l’invio di una rogatoria internazionale sul rapimento di Silvia Romano, la cooperante milanese della Onlus Africa Milele sequestrata il 20 novembre scorso mentre si trovava nel villaggio di Chakama, a circa 80 km da Malindi. Nel fascicolo aperto a piazzale Clodio si ipotizza il reato di sequestro di persona per finalità di terrorismo. Nella rogatoria, a quanto si apprende, si chiede di condividere gli elementi acquisiti finora dalla magistratura locale e lo si fa sul piano della cortesia internazionale in assenza di trattati di cooperazione tra i due Paesi.

In questo ambito rientra anche la richiesta, avanzata alcuni giorni fa e di cui oggi scrivono alcuni quotidiani, trasmessa via Interpol di potere inviare un pool di investigatori italiani ma anche in questo caso le autorità africane non hanno dato risposta. A piazzale Clodio si fa notare che la scelta della Procura e dei Ros di inviare un team di inquirenti “è segno di particolare attenzione poiché fatta solo in casi particolari”.

Silvia Romano trasferita in Somalia?

Sul fronte dell’inchiesta, c’è da registrare, infatti, ancora una volta, un silenzio delle autorità locali alla richiesta dell’Italia di inviare nostri investigatori in Kenya e poter collaborare attivamente all’inchiesta. Almeno otto istanze, infatti, sono state respinte da Nairobi.

La cooperazione tra investigatori potrebbe rivelarsi determinante anche per verificare l’eventualità che Silvia sia stata venduta dai rapitori ai terroristi islamici di al-Shabaab e condotta in Somalia. L’atteggiamento del governo del Kenya risulta piuttosto ambiguo, visto che è sempre accaduto in passato che le forze dell’ordine italiane collaborassero con quelle locali in occasione di altri rapimenti di nostri connazionali all’estero.

C’è poi la versione de Il Messaggero. Da qualche mese la stampa locale ipotizza che Silvia sarebbe stata uccisa in uno scontro a fuoco tra i suoi rapitori e un gruppo di islamisti somali di al-Shabaab, a cui i sequestratori avrebbero voluto venderla. Una trattativa finita male, anche se nulla di tutto ciò è stato verificato.

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