Lega e M5S alla resa dei conti: Di Maio “fugge” dal vertice di Palazzo Chigi

12 Feb 2019 11:49 - di Adriana De Conto

Vertice lampo a palazzo Chigi, sul tavolo i dossier “caldi”, Tav e Venezuela. Un piccolo “giallo” : è assente il capo politico dei Cinque Stelle, vicepremier e ministro dello Sviluppo economico, Luigi Di Maio. E’ rimasto al Mise. Lo stesso Di Maio avrebbe delegato il ministro Riccardo Fraccaro a partecipare alla riunione al posto suo. All’incontro, durato meno di un’ora, hanno partecipato oltre al premier Giuseppe Conte, il vice premier Matteo Salvini, i ministri Enzo Moavero Milanesi, Fraccaro e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Giancarlo Giorgetti.

Alta tensione Lega- M5S

La tensione nel governo resta alta, aggravata dall’esito nefasto per il M5S delle elezioni in Abruzzo che amplificano i tanti, troppi temi di divisione nel governo.  A partire dal dossier Tav. Oggi, salvo rinvii, sul sito del Mit sarà pubblicata la relazione costi-benefici sulla Torino-Lione realizzata dalla commissione guidata da Marco Ponti e che è stata consegnata sia a Di Maio sia a Salvini. «Il testo non l’ho ancora letto, spero di poterlo fare oggi» ha detto Salvini  prima di prendere parte al vertice di maggioranza. Ma dal salotto di Porta a Porta era stato chiaro: «Sulla Tav c’è bisogno di finire quello che abbiamo cominciato, certo non perché ce lo dicono i francesi, ma perché serve agli italiani».

Salvini: “Non ho letto ancora il dossier”

Secondo quanto emerso dall’analisi costi-benefici anticipata dal ‘Fatto Quotidiano’, la realizzazione della Tav comporterà «uno spreco di soldi pubblici con pochi precedenti nella storia italiana. Nel migliore dei casi si arriva a un effetto negativo (sbilancio tra costi-benefici di 5,7 miliardi, nel peggiore si sfiorano gli 8 miliardi; in quello ”realistico” si arriva a 7 miliardi tondi». Il governo dovrà comunque decidere “il prima possibile” che cosa intende fare per la Tav Torino-Lione. L’ultimatum arrivato qualche giorno fa da Bruxelles parla chiaro: se Roma deciderà di non procedere, i fondi Ue potrebbero essere destinati ad altri progetti, probabilmente non in Italia, magari a finanziare la creazione di collegamenti marittimi con l’Irlanda (con porti francesi, belgi ed olandesi), necessari per via della Brexit (ora il corridoio di collegamento tra l’Ue e la Repubblica d’Irlanda passa dal Regno Unito). Oggi dunque, salvo ripensamenti, tutti i nodi verranno al pettine. Troppi i punti di attrito, troppo diverse le “visioni del mondo”, dalla gestione dei migranti all’onda lunga interna che sotto la spinta dell’anima “sinistra” di Roberto Fico stanno dilaniando il M5S trainandolo verso le posizioni del Pd. C’è poi il caso Diciotti e il nodo dell’autorizzazione a procedere per Salvini. Un altro bivio che si annuncia cruciale per le sorti del governo. Quanto potrà reggere questa tensione?

Il caso Venezuela

Altro punto di attrito nel governo è il caso del Venezuela: Juan Guaidò, l’autoproclamatosi presidente del Venezuela, dopo aver incassato al telefono il sostegno di Matteo Salvini – che in una chiamata realizzata durante l’incontro al Viminale con la sua delegazione ha ribadito la «dura presa di posizione contro Maduro» e il «sostegno al percorso costituzionale» che il presidente del Parlamento ha messo in moto per arrivare «al più presto» a elezioni – torna all’attacco del governo italiano. Dopo aver espresso «sconcerto» per la linea neutrale dell’Italia sul Venezuela – dovuta all’ambigua posizione dei grillini- è infatti in attesa degli esiti degli incontri della sua delegazione a Roma per convincere il governo a schierarsi dalla sua parte, insieme con quasi tutta Europa.

 

 

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