Compie 40 anni il capolavoro di Ende che ispirò i ragazzi del Fronte della Gioventù

17 Feb 2019 12:35 - di Annalisa Terranova

I libri immortali appartengono a tutti, e su questo non vi è dubbio alcuno. Ma esistono alcuni titoli che si agganciano alla storia di generazioni e ne segnano il costume, così Siddharta di Hermann Hesse e persino il contestato Porci con le ali di Lidia Ravera e Marco Lombardo Radice. Il primo manifesto esistenzialista degli anni del riflusso, il secondo “vangelo” della libertà sessuale agognata negli anni Settanta. Vi sono altri titoli che incrociano, loro malgrado, la storia politica e offrono alla creatività dei militanti occasioni per rinnovare i loro vessilli.

E’ in questo modo che gli hobbit di Tolkien divennero emblema dei giovani eretici del Msi alla fine degli anni Settanta, ed è sempre in questo modo che nacque il simbolo della festa dei giovani del Fronte della Gioventù, Atreju. Il nome del giovane guerriero de La storia infinita all’ombra del quale si sono tenuti prima i raduni del Fdg e poi quelli di Azione giovani ai tempi di An per passare all’attuale kermesse settembrina di Fratelli d’Italia.

La storia infinita, il capolavoro di Michael Ende, vide la luce in Italia 40 anni fa, nel 1979 e venne scritto nella casa di Genzano dove lo scrittore si era trasferito, lasciandosi alle spalle le critiche della cultura tedesca secondo cui – proprio come Tolkien – Ende invitava alla fuga dalla realtà, era uno scrittore “escapista”. Al contrario Ende, romantico a tutto tondo, intendeva riappropriarsi dell’incanto del mondo attraverso la poesia, l’immaginazione, il desiderio di guardare al mistero. E’ proprio questa la lotta che Atreju conduce contro il Nulla ne La storia infinita. Come tutti i romantici Michael Ende è scettico sull’interpretazione razionale del mondo e ritiene anzi che la fiaba abbia un suo vivido linguaggio che parla attraverso le immagini e non necessita di ulteriori analisi: “Quelle immagini – afferma – sono già comunicazione, solo che noi abbiamo disimparato a leggerne l’alfabeto”. Di qui il suo rifarsi al linguaggio iconico delle chiese, dove chi entrava riceveva una comunicazione spirituale diretta, senza mediazioni razionali.

Ende si definiva un narratore di storie, diffidava degli artisti che predicavano una visione del mondo: quando lo scrittore si mette a tavolino, diceva, la sua visione del mondo già è al lavoro. Idee che si ritrovano anche ne La storia infinita, così descritta dal suo stesso autore: “Si tratta infatti della storia di un ragazzino che in una singola notte di crisi, una crisi di vita, perde il suo mondo interiore, il suo mondo di miti che si dissolve nel nulla, così da essere costretto a buttarsi in questo Nulla, esattamente come dobbiamo fare anche noi europei. Noi abbiamo raggiunto il punto zero. Siamo riusciti a dissolvere tutti i valori. Ed ora dobbiamo buttarci e, solo se avremo il coraggio di buttarci in questo Nulla, potremo ridestare le forze creative più intime e peculiari e costruire una nuova Fantàsia, cioè un nuovo mondo di valori”.

Michael Ende nasce nel 1929 a Garmish-Partenkirchen: figlio di un pittore surrealista, guarderà sempre con diffidenza agli iter formativi ufficiali. Alla fine della guerra, dopo avere terminato gli studi a un’accademia teatrale di Monaco, compone pezzi di cabaret fino all’esordio come scrittore col suo Le avventure di Jim Bottone. Poi la scelta di vivere in Italia, dove nascono i suoi libri più noti, Momo (1972) e  La storia infinita (1979), il libro più letto del Novecento tedesco. Gli anni Ottanta sono quelli del successo: Ende diventa un’icona anche dei movimenti pacifisti e ecologisti. Non apprezzò il film La storia infinita tratto dal suo romanzo, definendolo un “melodramma commerciale”. Nel 1992 pubblicò l’ultima raccolta di racconti, La prigione della libertà. Morì il 28 agosto del 1995.

 

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