Ex di Prima Linea difende Battisti. I familiari delle vittime non ci stanno: ma state zitti…

21 Dic 2018 16:42 - di Redazione

Il “personaggio” Cesare Battisti è stato “costruito dalla stampa che non solo ne ha fatto un mostro sotto il profilo criminale ma ne ha costruito anche una immagine antipatica”. E’ quanto sottolinea su Facebook Enrico Galmozzi, tra i fondatori di Prima Linea, ma i familiari delle vittime del terrorismo non ci stanno: Potito Perruggini, nipote di Giuseppe Ciotta, brigadiere di Polizia ucciso nel 1977 dai terroristi rossi (lo stesso Galmozzi fu condannato per quell’omicidio) ha presentato questa mattina una denuncia alla Polizia Postale.

Sotto accusa in particolare il post in cui Galmozzi si sofferma sulla “forsennata caccia a Cesare da parte di tutte le forze di polizia brasiliane. Chiunque in questo duello fra una imponente macchina da guerra e un uomo solo in fuga non parteggi per l’uomo in fuga è una merda inside”, scrive. “Si parla sempre di ex terroristi, ma si dimentica sempre che le vittime restano vittime e non diventano mai ex”, dice il nipote del brigadiere ucciso.

Chi ha fatto la lotta armata “abbia il buon gusto di tacere”

“Queste persone -aggiunge Perruggini, che nel 2010 organizzò una mobilitazione via social per l’estradizione di Battisti- dovrebbero avere il buon gusto di tacere, senza continuare a calcare il palcoscenico. Vogliamo sperare che le istituzioni la smettano con la tolleranza del passato e cambino decisamente direzione. E che chi ha preso parte alla lotta armata parli soltanto quando avrà deciso di dare un contributo alla verità storica sui fatti di terrorismo”. Su Facebook Galmozzi aggiunge a proposito di Battisti: “Dal momento che nessuno di coloro che ne parlano lo hanno mai conosciuto personalmente (io stesso non lo vedo da 35 anni, non so come sia adesso ma ne conservo un ricordo fraterno) l’antipatia deriva dalle descrizioni delle sue frequentazioni vip e radical chic o dai suoi bagni alla spiaggia di Copacabana e via cazzeggiando. Ora -prosegue- a parte che un po’ di anni di galera (sette) in giro per il mondo se li è fatti, anche in prigioni nelle quali coloro che ne parlano non resisterebbero una settimana, detto che sempre meglio latitanti che in galera, vi assicuro che i suoi 35 anni di latitanza non sono stati tutti rose e fiori…”.

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