Bologna, salta l’udienza contro Cavallini per l’assenza di Picciafuoco

26 Set 2018 16:27 - di Massimiliano Mazzanti

Riceviamo da Massimiliano Mazzanti e volentieri pubblichiamo:

Caro direttore,

Per la seconda volta consecutiva, il processo contro Gilberto Cavallini vede la latitanza dei testimoni richiesti dalle parti civili, dall’accusa, solo che, nell’occasione odierna, non si è riusciti a sostituire l’assente – Sergio Picciafuoco – come nella scorsa udienza, facendo perdere una giornata di lavoro a tutti quanti. Picciafuoco, ormai settantenne e malato, avrebbe dovuto presentarsi davanti alla Corte d’Assise alle 9.30 e, constatandone l’assenza apparentemente ingiustificata, il presidente Michele Leoni, dopo avergli comminato un’ammenda di 500 euro, ha sospeso la seduta fino alle 14, ordinando ai Carabinieri di Castelfidardo – paesino delle Marche in cui attualmente vive – di condurlo coattivamente davanti alla corte. All’orario fissato, però, il giudice non ha potuto che leggere laconicamente una comunicazione dei militi marchigiani che, citando anche una documentazione medica evidentemente mostrata a loro dall’interessato, attestava l’impossibilità di condurre Picciafuoco in tribunale. La sua testimonianza, quindi, è stata differita ad altra udienza. Non potendo raccontare null’altro, circa la cronaca della giornata, l’occasione è buona per ricordare cosa “ha rappresentato” Picciafuoco, nella storia processuale dell’attentato del 2 agosto 1980. Picciafuoco, pregiudicato nato a Osimo l’11 novembre 1945 e con precedenti per furto e ricettazione, venne arrestato al passo del Tarvisio l’1 aprile 1981, quand’era latitante. Di lì a poco, gli inquirenti scoprirono qualcosa di veramente eccezionale: l’anno precedente, proprio il 2 agosto ’80, Picciafuoco era alla stazione di Bologna nel momento in cui esplose la bomba. Ovviamente, fu subito associato ai Nar, non ostante il suo nome non fosse mai emerso in precedenti accertamenti sulla rete spontaneista e non ostante le smentite e dell’interessato e dei membri stessi dell’organizzazione eversiva “nera”. Da quel momento, anche per lui iniziò un lungo calvario giudiziario – durato esattamente 16 anni – che lo vide pienamente assolto. Non a Bologna, però, bensì a Firenze, dove il processo fu spostato quando – annullando un precedente giudizio di condanna – la Cassazione dispose che il nuovo verdetto fosse emesso da in un tribunale d’altra città. La vicenda di Picciafuoco – l’unico tra i mille imputati di cui si ebbe fin da subito la certezza assoluta che fosse non solo a Bologna, ma presente sul luogo della strage, eppure assolto – fece sollevare il dubbio, qualche anno dopo, che anche Luigi Ciavardini sarebbe stato destinato a un destino diverso, se anche con lui fossero state rispettate rigorosamente le procedure. Infatti, quando la Cassazione annullò la condanna di Ciavardini nel processo d’appello del 2002, sentenza che ribaltava l’assoluzione in primo grado del 2000, avrebbe dovuto rinviare le carte proprio a Firenze, essendo che il Tribunale dei minori di Bologna – competente in quanto, all’epoca della strage, l’imputato non aveva ancora 18 anni – era costituito da un’unica sezione di Appello. L’anomalia fu subito segnalata non solo dai difensori, bensì dalla stessa Procura, ma la Cassazione, per motivi ancor oggi poco comprensibili, decise di lasciare che anche il nuovo giudizio si svolgesse nel capoluogo emiliano, dalla medesima sezione che pur aveva smentito col suo pronunciamento. Pur essendo composto da colleghi diversi della stessa sezione, la Corte d’Appello del Tribunale dei minori bolognese tornò a condannare Ciavardini, nel 2003. Quattro anni dopo, la Cassazione si rassegnò a confermare la condanna, non rilevando “vizi logici” nel ragionamento dei nuovi giudici. Alchimie grottesche della giustizia italiana. Alchimie che, forse – se il processo, come appunto nel caso di Picciafuoco fosse stato celebrato a Firenze come sarebbe stato giusto che fosse -, avrebbe potuto avere ben diverso e meno discutibile esito, gettando una luce diversa e più chiara anche sul procedimento attualmente in corso.

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