Sequestrati 270mila falsi prosciutti San Daniele Dop: 103 indagati
La Procura di Pordenone ha chiuso le indagini preliminari sull’ipotesi di un’associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio di prodotti agroalimentari con denominazione di origine protetta, alla contraffazione della Dop “Prosciutto di San Daniele”. Numerosi i reati contestati a 103 indagati, persone fisiche e società, tra responsabili e impiegati del macello di Aviano, allevatori, prosciuttifici, ispettori del Consorzio di tutela. Emessi decreti di sequestro per 270 mila prosciutti, per 27 milioni di euro.
La Procura ipotizza anche truffe per ottenere un contributo previsto dal piano di sviluppo rurale della Comunità europea di 400 mila euro, e per incassare ulteriori contributo per 520 mila euro. Scoperti anche reati di natura fiscale e ambientale. I reati sono stati contestati a 62 persone, a 25 imprese ed a 16 posizioni stralciate ad altre procure. Le condotte contestate riguardano anche la commercializzazione di carne di suino con la certificazione di qualità regionale “Aqua”.
Coldiretti: “Tutelare il vero prosciutto San Daniele”
«Fare chiarezza in tempi rapidi sulla vicenda dei falsi prosciutti San Daniele Dop per tutelare consumatori e produttori impegnati a garantire la qualità di uno dei prodotti simbolo del Made in Italy che sviluppa un fatturato di oltre 800 milioni di euro in Italia e all’estero». È quanto afferma la Coldiretti in merito all’inchiesta della procura di Pordenone che ha chiuso le indagini preliminari sull’ipotesi di un’associazione per delinquere finalizzata alla frode in commercio per la contraffazione del “Prosciutto di San Daniele” Dop. Grazie a 3.927 allevatori, 116 macelli, 550 addetti e 31 stabilimenti produttivi, sottolinea la Coldiretti, «il prosciutto San Daniele è al secondo posto sul podio delle Dop di carne italiane e rappresenta il 22,5% della produzione annua di prosciutti DOP italiani, e il 13,7% della produzione di prosciutto crudo a totale Italia. Ogni anno – precisa la Coldiretti – circa tre milioni di cosce di suino sono lavorate secondo un rigido disciplinare di produzione volto a tutelare la qualità e le caratteristiche organolettiche di un prodotto che vale 65 milioni di euro di esportazioni in particolare in Francia, Germania, Usa, Belgio e Australia che, complessivamente, rappresentano il 70% del suo mercato internazionale».