La contraffazione ci costa 60 miliardi: «Perdiamo Pil e lavoro, difendiamoci»
Peggio dell’Italia solo gli Stati Uniti. Il Belpaese è, infatti, il secondo Paese al mondo più colpito dalla contraffazione. Una piaga che ci provoca un danno da «60 miliardi, pari quasi all’8% delle rendite» e che è «in mano a una vera e propria criminalità organizzata internazionale», come ha spiegato Massimo Antonelli, Customs expert dell’Euipo, l’Ufficio dell’Unione europea per la proprietà intellettuale. A disposizione delle imprese, però, esistono sempre più strumenti per tutelarsi e, insieme, per tutelare l’economia nazionale.
La questione è stata al centro della giornata di studi dell’Invention, Disclosure, Evolution, Ability – IDEA Forum, organizzato da FASI (Funding Aid Strategies Investments), presso la Camera di Commercio di Roma. «La contraffazione è un fenomeno che causa ingenti perdite a settori strategici dell’economia europea ed italiana in particolare, a livello globale parliamo di svariati miliardi di euro, come risulta dagli studi effettuati dall’Euipo in collaborazione con partner istituzionali come l’Ocse, studi che saranno oggetto del Rapporto di sintesi dello stesso Ufficio europeo, di uscita imminente», ha spiegato ancora Antonelli, introducendo i lavori sul tema del valore della “Proprietà intellettuale nell’Era dell’informazione”. È stata poi Loredana Rotondi, dell’area Innovazione e competitività di Invitalia, a ricordare che «secondo l’Ocse e l’Ufficio per la proprietà dell’Unione europea, l’Italia è il secondo Paese al mondo più colpito dalla contraffazione, superata solo dagli Stati Uniti».
Nel corso della giornata è emerso come tra il 2015 e il 2016 la tutela della proprietà intellettuale sia cresciuta in tutto il mondo. Un dato dimostrato dall’aumento delle richieste di brevetto (+8,3%), dei modelli di utilità (+28,9%), dei marchi (+13,5%) e dei disegni industriali (+8,3%). «Questo tema della protezione intellettuale si sta trasformando: parliamo sempre meno di brevetti e più di competenze industriali», ha spiegato Nicoletta Amodio, dirigente ricerca e innovazione di Confindustria, sottolineando che «quando il dato industriale è digitalizzato diventa il patrimonio da tutelare, sia tecnicamente che con una logica di accordi internazionali». «La strategia c’è e – ha aggiunto Amodio – si attuerà entro il 2020. Tutto ciò che è tutela brevettuale e delle competenze specializzate significa lavoro per i giovani, è assolutamente necessario un maggiore lavoro, a livello di comunicazione su questi temi».
È stata poi Giulia Ponticelli, dirigente della divisione Affari giuridici e normativi – Ufficio italiano brevetti e marchi del Mise, a spiegare che «i diritti di proprietà industriale, che giocano un ruolo fondamentale nelle strategie di business delle imprese, rappresentano un asset intangibile per le aziende, ovvero un valore di mercato dell’impresa stessa». «Negli anni ’70 il rapporto tra gli asset tangibili e quelli intangibili era di 80 a 20, oggi i numeri si sono invertiti – ha spiegato – ed è più che mai importante riportare un corretto regime di concorrenza e competitività sul mercato al fine di incrementare la qualità del prodotto. L’investimento sull’innovazione tecnologica – ha concluso – contribuisce non solo alla crescita del PIL ma anche a un maggior numero di posti di lavoro (44% rispetto alla media europea del 42%) e con stipendi più alti».