Gli italiani spendono 100 miliardi più di quanto dichiarano: ecco la base per la Flat tax

11 Giu 2018 15:17 - di Federica Parbuoni
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Ammonta a quasi 100 miliardi di euro la differenza tra ciò che gli italiani dichiarano al fisco e ciò che spendono. In una parola, il nero. Quella famosa economia sommersa che negli obiettivi del governo potrebbe emergere con l’introduzione di una tassazione meno punitiva per i cittadini e le imprese, la Flat tax. Il dato emerge da uno studio dell’Università della Tuscia per Il Sole 24 ore del Lunedì, che nell’edizione odierna lo pubblica proprio in relazione al programma fiscale dell’esecutivo giallo-verde.

I numeri sono inequivocabili: il reddito disponibile dichiarato complessivamente a livello nazionale (i dati fanno riferimento alle dichiarazioni del 2017 per l’anno 2016) ammonta a 686.906 miliardi di euro. La spesa a 785.693 miliardi. Se ne deduce che 98.787 miliardi di euro, che esistono e vengono spesi, sfuggono completamente alle casse dell’erario. La portata di questo “nero” è differenziata da regione a regione: Lombardia e Lazio guidano la classifica dei territori in cui, in termini assoluti, maggiormente si spende più di quanto in teoria si guadagna e in pratica si dichiara. Rispettivamente i «consumi non giustificati», come li definisce Il Sole, ammontano a 23,4 miliardi in Lombardia e a 13,8 nel Lazio. In termini percentuali, invece, a guidare la classifica del divario fisco-spesa sono la Campania con il 21,1%, la Sardegna con il 20,9%, la Puglia con il 20,7% e la Toscana con il 19,2%. Le cifre variano da territorio a territorio, ma la costante è che tutti spendono più di quanto potrebbero. Tutti tranne le Marche: sono l’unica Regione che si attesta a meno 1,6%.

Dunque, l’evasione c’è, è importante e, se emergesse, potrebbe rappresentare la prima solida base per trovare le coperture per la Flat tax o, se si preferisce, la Dual tax, vista l’ipotesi della doppia aliquota al 15 e al 20%. I conti li fa lo stesso Sole 24 ore, calcolando che «si può stimare un extra gettito di 15,4 miliardi». Il quotidiano di Confindustria dà una lettura prudente del dato, sottolineando che anche con l’emersione di tutto il nero si resterebbe lontani dalla copertura necessaria di 50 miliardi. Epperò nello stesso articolo, pur con la stessa prudenza, viene ricordato che incrociando la semplificazione fiscale con la cosiddetta “pace fiscale” si potrebbe avere un effetto moltiplicatore. E che, in questo senso, fa scuola la cedolare secca sugli affitti, «che di fatto è una Flat tax con aliquota differenziata in base al tipo di contratto». «Secondo il Rapporto sul contrasto all’evasione, la cedolare ha ridotto di un miliardo il “tax gap” nel settore delle locazioni tra il 2011 e il 2015. Con un tasso di emersione ormai vicino al punto di pareggio (46,5% rispetto all’obiettivo del 52%)». Il Sole 24 ore avverte poi che «se ne ricava la lezione che questi meccanismi, per funzionare, hanno bisogno di tempo e stabilità normativa». Insomma che, benché non sia una passeggiata e a patto che venga ben calibrata in una strategia fiscale complessiva, la Flat tax potrebbe davvero funzionare. Con buona pace dei catastrofisti e degli jettatori.

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