C’è un indagato per la morte di Sacko, ma il Pd continua a speculare

6 Giu 2018 12:24 - di Redazione

E’ stato Maurizio Martina, segretario pro-tempore del Pd, nel suo appassionato intervento alla Camera sulla fiducia, ad evocare ancora una volta Soumayla Sacko, il migrante ucciso sabato a San Calogero (Vibo Valentia). La sua morte è stata oggetto di un commosso ricordo da parte del premier Giuseppe Conte ma si è trattato, secondo Martina, di parole tardive. Sotto accusa i ministri del Lavoro e degli Interni per il loro silenzio. Indice, nel sottotesto pregiudiziale utilizzato dalla sinistra,  di razzismo o addirittura di complicità con gli assassini di Soumayla Sacko. Eppure nel giro 48 ore c’è già un indagato, un probabile colpevole di quell’omicidio.

Ma i fatti non bastano, il Pd chiede parole, come se la lotta alla criminalità si giocasse tutta nel duello lessicale e non nell’assicurare i responsabili dei crimini alla giustizia. “Vi dà fastidio anche ricordare il nome di quel ragazzo”, accusa Martina. Ma è una speculazione fuori tempo massimo. Già da ieri sera infatti gli inquirenti hanno individuato un possibile colpevole in un agricoltore della zona, di 43 anni. Si tratta di Antonio Pontoriero, nipote di uno dei soci dell’ex fabbrica sequestrata. I carabinieri gli hanno notificato un «avviso alla persona indagata» e contestuale «notifica di accertamenti tecnici non ripetibili». Pontoriero inoltre verrà sottoposto alla prova dello stub, l’esame per accertare la presenza di residui da sparo su mani e vestiti. All’esito dell’esame potrebbe arrivare l’arresto per il 43enne di San Calogero.

Proprietario di un piccolo negozio nel paese di San Calogero, Pontoriero era già sotto osservazione per frequentazioni sospette.  In un’occasione infatti sarebbe stato fermato mentre si trovava in auto con un rampollo del potente casato di ’ndrangheta dei Mancuso. Al momento gli viene contestato l’omicidio volontario ma senza alcuna aggravante legata ai motivi razziali. “Non abbiamo elementi per parlare di razzismo”, – ha spiegato il procuratore di Vibo Valentia Bruno Giordano.

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