Aggressione alla stazione Tiburtina. I residenti: ora basta col buonismo

26 Giu 2018 17:14 - di Giovanni Trotta

”Ancora un’aggressione alla Stazione Tiburtina tra due senza fissa dimora, questa svolta si è sfiorato l’omicidio. Da anni ormai segnaliamo la totale assenza di sicurezza nell’area causata dalla somministrazione abusiva di cibo e bevande agli sbandati da parte di gruppi spontanei. A questi raduni partecipano per lo più clandestini, ubriaconi, parcheggiatori abusivi, rom e ogni altro genere di persona problematica. Abbiamo chiesto più e più volte alle autorità tra cui Prefettura, Questura, Comune e Municipio il divieto a somministrare pasti e bevande in strada da parte di questi gruppetti non organizzati”. Così in una nota il Comitato Cittadini Stazione Tiburtina che, spiega, ”nei prossimi giorni sarà in piazza per chiedere normative ad hoc contro il consumo e la vendita di alcolici in strada e per il divieto a somministrare pasti e bevande agli sbandati in strada”. ”Ogni sera sono centinaia gli sbandati che si assembrano sotto la sopraelevata antistante la Stazione Tiburtina, proprio di fronte i nostri palazzi – sottolinea il Comitato Stazione Tiburtina -. Questo tentativo di omicidio da parte di due sbandati in cui uno ha infilzato l’altro con delle forbici si è potuto sventare solo grazie agli operatori della Autostazione Tibus, unico vero presidio di normalità in zona e che il Comune di Roma vorrebbe eliminare”. ”Nei prossimi giorni scenderemo in piazza per richiedere ora più che mai quei provvedimenti urgenti e a costo zero che le autorità romane continuano a non voler emanare. Negli ultimi mesi abbiamo avuto un’aggressione ad una portiera, un’aggressione ad un barista, un’aggressione ad un magazziniere, ragazze rincorse da questi ubriaconi fino al portone di casa e solo per un caso non è successo il peggio in tutti questi episodi. Le nostre speranze sono tutte riposte nel Ministro degli interni italiano che ha abbandonato l’idea buonista dominante fino a ieri per un Ministero degli interni dei fatti e non delle parole”, conclude.

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