Sicilia, arrestato Montante: paladino dell’antimafia. «Spiava le indagini»
Arresti domiciliari per Antonello Montante, l’imprenditore per anni ritenuto paladino dell’antimafia. Con l’accusa di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione la Squadra mobile di Caltanissetta ha arrestato l’ex presidente di Confindustria Sicilia, attualmente presidente della Camera di Commercio di Caltanissetta e presidente di Retimpresa Servizi srl di Confindustria Nazionale. In manette anche altre cinque persone. Un altro indagato è stato colpito dalla misura interdittiva della sospensione dall’esercizio dell’ufficio pubblico per la durata di un anno.
Le accuse a Montante
A seguito di una complessa indagine condotta dalla Squadra Mobile di Caltanissetta, coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia, gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di essersi associati allo scopo di commettere più delitti contro la pubblica amministrazione e di accesso abusivo a sistema informatico; nonché più delitti di corruzione. Secondo la Procura nissena, Montante, per anni ritenuto paladino dell’antimafia, avrebbe fatto parte di una vera e propria rete di “spionaggio” con lo scopo di avere notizie sulle indagini della magistratura a suo carico. Come emerge dalle indagini, coordinate dalla Dda di Caltanissetta, l’ex Ppresidente degli industriali siciliani avrebbe provato a corrompere anche esponenti delle forze dell’ordine per avere notizie riservate su indagini della Direzione distrettuale antimafia. Secondo gli inquirenti, l’imprenditore, con regali costosi e soldi, avrebbe pagato alcuni investigatori per avere notizie sull’indagine della Dda a suo carico. Tra le persone coinvolte nell’inchiesta ci sono anche esponenti delle forze dell’ordine.
Due anni fa l’avviso di garanzia
Due anni fa Montante aveva ricevuto un avviso di garanzia per il reato di concorso esterno in associazione mafiosa per presunti legami con esponenti mafiosi. Ecco l’atto di accusa della procura nell’inchiesta per concorso esterno a carico di Montante: «Per avere concorso nelle attività dell’associazione mafiosa mettendo in modo continuativo a disposizione in particolare di Vincenzo e Paolino Arnone (consigliere e reggente della famiglia mafiosa di Serradifalco, ndr) la propria attività imprenditoriale consentendo al clan di ottenere l’affidamento di lavori e commesse anche a scapito di altri imprenditori, nonché assunzioni di persone segnalate dagli stessi, ricevendone in cambio il sostegno per il conseguimento di incarichi all’interno di enti e associazioni di categoria, la garanzia in ordine allo svolgimento della sua attività imprenditoriale in condizioni di tranquillità, senza ricevere richieste di estorsioni e senza il timore di possibili ripercussioni negative per l’incolumità propria e dei beni aziendali, nonché analoghe garanzie per attività riconducibili a suoi familiari e a terzi a lui legati da stretti rapporti».