Scandalo sulle quote migranti, ora rischia anche la May

30 Apr 2018 16:31 - di Redazione

Ora Theresa May ammette di aver saputo dell’esistenza di quote prestabilite di migranti «illegali» da espellere all’epoca in cui era ministra dell’Interno. Tuttavia – ai microfoni di SkyNews – prova a a evitare di farsi coinvolgere nelle accuse che hanno travolto Amber Rudd, succedutale nell’incarico, sottolineando che Rudd si è dimessa non per l’esistenza delle quote, bensì per averne saputo nulla e aver “inavvertitamente” ingannato il parlamento al riguardo.

La May previene gli attacchi: “Ero stata informata”

Domenica la premier britannica Theresa May ha accettato le dimissioni della ministra dell’Interno britannica, Amber Rudd, finita nella bufera sull’onda delle rivelazioni sui diritti negati a una generazione d’immigrati dalle ex colonie caraibiche. Lo ha annunciato Downing Street, come riportano i media locali. Il Guardian aveva sollevato il caso, riferendo che diversi immigrati di origine caraibica approdati nel Regno dalle ex colonie divenute indipendenti, fra il 1948 e il ’71, erano stati privati in alcuni casi di diritti fondamentali di cittadinanza, come quello all’assistenza sanitaria, a dispetto degli impegni presi.

I motivi delle dimissioni della Rudd: “Ha mentito al Parlamento”

Sullo sfondo dello scandalo dei diritti negati ai migranti caraibici storici della “generazione Windrush” e delle quote di espulsioni annuali prestabilite dal suo dicastero, c’è un altro tema cruciale. Di questa pratica la Rudd aveva detto in Parlamento d’essere ignara, salvo ritrovarsi di fatto smentita da un memo. Nei giorni scorsi la Rudd ha provato a giustificarsi con 4 tweet riconoscendo di aver detto il falso quando ha negato l’esistenza delle quote, ma insistendo di non averne avuto conoscenza e di ritenersi colpevole solo della mancata lettura del memo indirizzato al suo ufficio. Ma il punto è proprio questo: un ministro che dice il falso alla Camera dei Comuni non può rimanere in carica, perché ha tradito la fiducia degli elettori britannici. Da qui le inevitabili dimissioni.

 

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