Scatti dal fronte, un filmato smaschera tutte le foto taroccate ed esplode il caso (ecco il VIDEO)
S’intitola “Siria, la verità distorta” il video che circola insistentemente sul web in queste ultime ore, ri-postato e ri-twittato all’ennesima potenza, anche da parte di qualche esponente politico. Un contenuto multimediale che sta dividendo l’agorà digitale animando un dibattito che nasce da un presupposto vecchio il mondo e come la guerra: quanto entra e quanto condiziona la morale la propaganda nel reportage da un fronte bellico? Quanto è possibile discernere tra verità e artifizio atto a raccontare una verità altra?
Il video “Siria, la verità distorta”
Noi non entriamo nel merito della verità o dell’attendibilità del video in questione, pubblicato da Pandora Tv e diventato virale nel giro di breve, quel che è chiaro e ineccepibile però è che le immagini – e ancor di più le didascalie in sovrimpressione che le accompagnano – tornano a proporre un dilemma mai risolto: quanto di reale e quanto di artefatto ad hoc c’è negli scatti che arrivano dal fronte? E, soprattutto, esiste nel variegato mondo della comunicazione – dai fotoreporter in trincea ai grandi gruppi editoriali – la mission di immortalare la propaganda mistificando la realtà e lasciando semmai ai più disincantati l’arduo compito di decriptare il messaggio? Ai posteri l’ardua sentenza. intanto, se volete, guardate il video e giudicate voi.
L’ultimo, scandaloso falso d’autore (inesistente)
L’ultimo falso d’autore è stato smascherato appena pochi mesi fa, quando, dopo tributi e riconoscimenti intestati a un geniale, inappuntabile, bello (ma fantomatico) giovane foto-giornalista brasiliano, presente sui fronti bellici più infuocati del pianeta e sempre nel vivo dei conflitti più terrificanti, il bluff è stato prosaicamente smontato nell’incredulità di followers e estimatori d’alto bordo. Del resto, come riportava un ampio servizio de la repubblica inline che al caso ha dedicato il giusto spazio, «le sue immagini migliori le vendeva per beneficenza, donando tutto ai bambini delle comunità di Gaza. I suoi 127.000 follower su Instagram lo rispettavano per le sue imprese, migliaia di ragazze lasciavano commenti di ammirazione e centinaia di cuoricini, importanti testate internazionali come Bbc, The Wall Street Journal, Le Monde, Al Jazeera, Vice, The Telegraph e tanti altri pubblicavano le sue foto vendute ad agenzie prestigiose come Getty o l’italiana NurPhoto, solo per citarne alcune». Peccato che fosse tutto un colossale falso: Eduardo Martins, istimato e cliccatissimo «fotoreporter delle Nazioni Unite», sempre gambe in spalla e obiettivo tra le mani, perennemente in missione e pronto a cogliere il fatidico attimo dello scatto virale, si era inventato tutto.
Il fotoreporter di guerra surfista pronto a cavalcare l’onda della commozione
Anzi, forse non è mai esistito, almeno non nelle sembianze e per le doti con cui si era fatto conoscere ai più: per quell’attraente surfista, miracolosamente scampato alla leucemia che lo avrebbe colpito quando era solo 18enne anni e che, dopo la morte del padre, forte dell’aver superato dolorose prove di vita, si convince del fatto che, avendo vinto sul peggio, deve «andare in giro a raccontare come stanno le cose nel mondo». È sulla scia di questo avvincente pregresso, allora, che racconta di essere finito in Iraq, Siria, fra i Peshmerga, a Gaza e poi in Africa, sempre come fotoreporter “delle Nazioni Unite”, nei campi profughi, ovunque in prima linea. Peccato che fosse tutto solo virtuale.