L’Italia domani ricorda la tragedia di Rigopiano. 23 le persone indagate

17 Gen 2018 16:21 - di Redazione

La comunità abruzzese, e non solo, si prepara a celebrare il primo anniversario della tragedia dell’hotel Rigopiano, avvenuta il 18 gennaio 2017 a Farindola, piccolo centro del Pescarese. Il bilancio fu pesantissimo: 29 morti e 11 superstiti, miracolosamente sopravvissuti, dopo essere rimasti ore e ore tra le macerie dell’albergo travolto dalla valanga. Erano i giorni della grande emergenza neve e tutto l’Abruzzo soffriva dei disagi dell’isolamento. Nella regione, già sconvolta dal maltempo, la mattina del 18 gennaio si verificarono tre scosse di terremoto di magnitudo importante. All’interno dell’hotel in quel momento c’erano quaranta persone (28 ospiti, di cui quattro bambini, e 12 dipendenti), rimasti ‘imprigionati’, dopo che la forte nevicata aveva bloccato la strada che collegava il rifugio col fondovalle: nonostante gli appelli, infatti, non si era riusciti a trovare una turbina spazzaneve per liberare il percorso. Probabilmente proprio a causa delle scosse, a cui seguirono tutta una serie di repliche nel pomeriggio, intorno alle 17 un blocco di neve e detriti si staccò dalla montagna alle spalle del resort, una struttura moderna, realizzata a quota 1.200 metri sul versante pescarese del Gran Sasso. L’albergo fu completamente travolto: la slavina ne sfondò le pareti e lo spostò di circa dieci metri verso valle. A dare l’allarme, quasi in diretta, fu il cuoco Giampiero Parete, che, chiuso nell’auto fuori dalla hall, vide la valanga abbattersi sull’hotel e riuscì ad avvisare al telefono il suo datore di lavoro Quintino Marcella. Nell’albergo c’erano anche la moglie e i due figli di Parete, che saranno poi tra gli 11 superstiti. Marcella si attaccò al telefono per chiamare i soccorsi, ma per tanto, troppo tempo nessuno volle credere alle sue parole: la colonna dei soccorsi partì solo tra le 19:30 e le 20:00 e ci vollero ore a raggiungere l’albergo. I primi sopravvissuti vennero trovati solo dopo 30 ore, mentre ci vollero 62 ore per estrarre vivo l’ultimo degli 11 superstiti di una tragedia per la quale ancora si devono accertare le responsabilità. A distanza di un anno l’interrogativo di fondo resta uno solo: perché è accaduta questa tragedia? L’Autorità giudiziaria sta lavorando sodo e solamente lo scorso 23 novembre la procura della Repubblica di Pescara ha dato una prima risposta. Infatti il procuratore capo Massimiliano Serpi e il sostituto Andrea Papalia hanno chiuso questa prima fase che vede indagate 23 persone con accuse a vario titolo, dal crollo di costruzioni o altri disastri colposi all’omicidio e lesioni colpose, all’abuso d’ufficio e al falso ideologico, alla rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro.

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