Il Pd regala 3 milioni di euro a IsiameD: esposto di Augello, l’Anac si muove

27 Dic 2017 15:20 - di Paolo Lami

Esplode, violenta, la rabbia sui Social per l’incredibile gesto del Pd che, proprio sotto le feste di Natale, con la complicità dei Verdiniani, ha sfilato dalle tasche degli italiani 3 milioni di euro per regalarli alla società di un ex-democristiano, ex-ministro di un governo D’Alema e poi candidato (trombato) della Margherita. Un vero e proprio scippo, scoperto dall’agenzia di stampa Agi, nella ingenua convinzione che nessuno se ne accorgesse. Già perché il regalo di Natale fatto dal partito di Renzi e dai verdiniani all’ex-diccì schierato poi con Tabacci, era stato mimetizzato fra le pieghe della legge di bilancio con un comma che prevede un contributo di 3 milioni di euro a favore di una società privata chiamata a «promuovere il modello digitale italiano»  la IsiameD, nata come acronimo di Istituto per l’Asia e il Mediterraneo e, poi, curiosamente convertita al digitale lo scorso luglio con il nome di Isiamed Digitale.

L’emendamento, spuntato al Senato e passato senza modifiche alla Camera, era stato voluto dai senatori campani Pietro Langella e Antonio Milo di Alleanza Liberalpopolare-Autonomie per «affermare un modello digitale italiano come strumento di tutela e valorizzazione economica e sociale del made in Italy e della cultura sociale e produttiva della tipicità territoriale» con un «contributo pari a 1.000.000 di euro per ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020».

E guarda caso, fra le migliaia di aziende italiane in grado di maneggiare l’argomento con una certa competenza, anche perché, magari, da più anni sul business, la spunta proprio la IsiameD presieduta da Gian Guido Folloni, ex-esponente della Democrazia cristiana, ex-senatore della Federazione Cristiano Democratica Cdu e del Partito Popolare italiano, ex-deputato e ministro per i rapporti con il Parlamento tra il 1998 e 1999 nel governo D’Alema I.

Folloni, fra le altre cose, è stato dirigente nazionale nel dipartimento esteri della Margherita come responsabile dei rapporti con il mondo arabo. E da questa esperienza è nata appunto la IsiameD proiettata nella diplomazia internazionale fino a quando, a luglio, improvvisamente getta alle ortiche quel modello di business, muta la ragione sociale e inizia a occuparsi di digitale. Come se un salumiere decidesse improvvisamente di mettersi a vendere pattini a rotelle.

La spiega così proprio Folloni: «non bastavano le relazioni tradizionali», il «ritardo accumulato dall’Italia nella infrastruttura digitale» imponeva di «entrare in una nuova economia». Fatto sta che l’esigenza di Folloni incrocia, guarda caso, l’dea dei senatori di Ala, il gruppo di Denis Verdini, Pietro Langella e Antonio Milo. E qui scatta l’assist del Pd, forse in nome della comune radice politica con Folloni. L’emendamento da 3 milioni di euro viene preso in carico dal capogruppo Pd in Commissione Bilancio. L’Agi scopre la magagna. Interpellato, il ministro dello Sviluppo Economico, Carlo Calenda, cade dalle nuvole: «Emendamento parlamentare mai dato parere positivo. Non ne sapevo nulla finché non segnalato da voi. Non ho la più vaga idea di cosa sia. Mi sembra una roba stravagante, a dir poco», scrive su Twitter rispondendo al direttore dell’Agi, l’ex-digital Champion renziano Riccardo Luna. E la Rete, indignata, insorge. Sui Social si parla apertamente di marchetta del Pd all’ex-democristiano ed ex-ministro del governo D’Alema I. La polemica è feroce. All’Anac, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, per il momento non sono arrivati i necessari esposti per procedere. Ma il senatore Andrea Augello annuncia: presenterò io l’esposto. Cantone, interpellato, ha fatto sapere che avvierà un’indagine dopo la pausa natalizia per verificare se la questione sia di competenza dell’Autorità e se l’emendamento violi il codice degli appalti.

E il Pd in tutto questo? Con una faccia tosta incredibile il senatore pd Stefano Esposito la spiega così: «Trattasi di marchetta necessaria ad avere i voti per la manovra. Quando non hai i numeri subisci i ricatti dei piccoli gruppi. Il Senato romano era così: basta fare gli indignati». Una sorta di voto di scambio al contrario.

 

Commenti

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  • Pier Domenico Garrone 8 Maggio 2018

    Prosegue l’attacco di AGI al “Modello Digitale Italiano” creato e proposto dall’indipendente Istituto Italiano IsiameD, fondato nel 1974, ed esito di una attivuità iniziata nel 2015 . Questa è l’unica proposta in campo per la sovranità digitale contro la colonizzazione informatica.La domanda è perchè ” l’emerito digital champions” direttore di AGI, Luna Riccardo, si occupa solo di questo? La prima idea che viene in mente è per evitare che si parli del 25°posto in UE , secondo l’indice DESI, dell’Italia nel digitale e della sua assunzione in AGI . La seconda perchè il suo sodale Quintarelli Stefano, “emerito presidente della Comitato Interparlamentare per l’innovazione digitale” forse teme che si riparli dell’inchiesta che lo vede coinvolto proprio per il digitale al Sole24 Ore mentre siede ancora al Comitato di Indirizzo dell’AGID . Poi nello specifico dell’articolo sulla segnalazione ANAC, AGI non riporta quanto ANAC afferma ovvero che l’atto ANAC responsabilmente esplicita che la materia degli aiuti di Stato esula dalgli ambiti di competenza attribuiti all’Autorità. Nessuna inchiesta, nessuna sentenza ANAC .Complimenti !!!