Il duello tv Renzi-Di Battista è come “L’Esorciccio” con “L’Esorcista”: pura parodia

6 Nov 2017 13:33 - di Marzio Dalla Casta

Siamo messi davvero male se il duello tv tra Matteo Renzi e Luigi Di Maio è potuto assurgere, seppur solo per qualche giorno, ad evento clou della politica italiana. E addirittura patetica è risultata la corsa dei conduttori ad accaparrarselo manco si trattasse dello spareggio del titolo mondiale dei pesi massimi tra Cassius Clay e Joe Frazier o, per restare in politica, della storica sfida televisiva tra Giorgio Almirante e Marco Pannella, oratori di categoria superiore nel pur nutrito e qualificato parterre della Prima Repubblica. La Seconda, invece, è in pieno tramonto e quando il sole è basso, dicono gli africani, anche i pigmei hanno l’ombra lunga. Devono essersene accorti gli stessi protagonisti che il duello lo hanno prima annullato e poi rimodulato in una sorta di confronto a distanza con risposte in differita e con Di Battista al posto di Di Maio. Che dopo il voto in Sicilia ormai considera il leader del Pd poco più di una comparsa. «E ho detto tutto», avrebbe chiosato Totò. Dunque, a sfidare un Renzi più traballante di una mucca pazza non sarà più lo studente fuori corso che confonde il comandante Che Guevara con il generale Pinochet, ma il cooperante che scambia Austerlitz con Auschwitz, vale a dire Napoleone con Anna Frank. Una vera sciccheria per il salotto televisivo di Giovanni Floris. Che cosa abbiano costoro da raccontare (e da insegnare) agli italiani è solo l’ultimo dei misteri (poco) gloriosi di questi saldi di fine legislatura. Anzi, imbottiti come sono di pensiero breve, finiranno per combattersi a ruoli invertiti: Renzi incalzerà su banche e vitalizi come un grillino di palazzo e Di Battista attaccherà su legge elettorale e inciucio come l’aspirante vicepremier della porta accanto. Comunque vada, sarà un insuccesso. Tanto più che Pd di qua e M5S di là è poco più di un espediente mediatico, un imbroglio finalizzato a mandare in scena una polarizzazione ormai smentita dalle urne, come dimostra il voto siciliano. Ma è anche il tentativo disperato di esorcizzare il ritorno del centrodestra, sempre più primo nei sondaggi e sempre più terzo incomodo tra i due litiganti. Che fortuna che c’è il telecomando.

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