Fake news, boomerang di Renzi per la bufala servita al New York Times
E’ polemica sulla fake news, una vera e propria bufala, veicolata dal Pd e da Renzi a Buzzfeed e al New York Times grazie al consulente informatico di Marco Carrai, Andrea Stroppa su presunti legami fra siti della Lega di Salvini e degli M5S. Una circostanza smentita, peraltro, da un dettagliato articolo del Fatto Quotidiano che ha ricostruito la vicenda dei codici Google all’origine del presunto legame.
E reagisce il blog di Grillo all’attacco frontale di Renzi e alle inchieste di Buzzfeed e del New York Times che accusano i grillini e la Lega di essere legati a siti internet che veicolano fake news.
«Buzzfeed e il New York Times pubblicano due articoli spacciandoli per inchieste giornalistiche sulle fake news partendo da una ricerca condotta da un dipendente di Marco Carrai, fonte, vista la sua estrema vicinanza a Renzi, piuttosto discutibile – accusa l’M5S dal blog di Grillo – E lo fanno proprio alla vigilia della Leopolda, aperta all’insegna delle fake news, puntando il dito ancora una volta contro il M5S».
«Diciamocelo chiaramente: sembra un giochino apparecchiato su misura al segretario del Pd, oramai in caduta libera».
«Nel mirino dei due quotidiani, ovviamente, non poteva che esserci il M5S – scrive il blog di Grillo – Entrambi i pezzi, apparentemente indipendenti nascono però da una ricerca condotta da un tecnico del web non strettamente indipendente, Andrea Stroppa, che, difatti, viene citato nei due articoli. In calce, Buzzfeed scrive testualmente: “Andrea Stroppa, an independent cybersecurity researcher, contributed research for this story. Stroppa has advised former Italian PM Matteo Renzi on cybersecurity issues“».
«Chi è Andrea Stroppa? – si chiede il blog di Grillo pizzicando in fallo Renzi e Carrai – E’ un giovane esperto informatico, da tempo arruolato nella Cys4, la società di sicurezza presieduta da Marco Carrai. Chi è Marco Carrai? – incalza il blog di Grillo – E’ il braccio destro di Matteo Renzi, nonché grande sostenitore delle sue campagna elettorali, al quale l’ex-premier voleva persino affidare la guida dei Servizi segreti italiani».
«In sostanza – accusa il blog – Buzzfeed e il New York Times pubblicano due articoli spacciandoli per inchieste giornalistiche sulle fake news partendo da una ricerca condotta da un dipendente di Marco Carrai, fonte – vista la sua estrema vicinanza a Matteo Renzi – piuttosto discutibile. E lo fanno proprio alla vigilia della Leopolda di Matteo Renzi, aperta all’insegna delle fake news puntando il dito ancora una volta contro il M5S».
«E’ molto triste – conclude il blog dei grillini – che a prestarsi siano state due note testate giornalistiche come il Nyt e Buzzfeed. Questo, giusto per sottolineare la complessità del mondo delle fake news. Perché, a ben vedere, quella dei due quotidiani è un’altra fake news sulle fake news. Le due testate avrebbero infatti dovuto approfondire quanto meno la ricerca invece di prendere come oro colato lo studio di un giovane sotto contratto con la coppia Carrai/Renzi. Se lo avessero fatto, magari consultando un esperto in materia realmente autonomo e senza alcuna tessera di partito, avrebbero compreso che l’accusa mossa è priva di ogni logica».
Insomma la strategia del duo Carrai-Renzi contro M5S e contro la Lega di Salvini ha fatto più danni che benefici trasformando la faccenda in un clamoroso boomerang mediatico sia per il Pd e il suo segretario, sia per Buzzfeed e il Nyt trascinati come giornaletti da quattro soldi in una strumentalizzazione politica tutta italiana che appanna – e non poco – il celebrato e rigoroso giornalismo di stampo anglosassone.
«Il M5s – insiste il presidente del Pd, Matteo Orfini senza rendersi conto della figuraccia fatta dal suo partito – penso che dovrebbe chiarire le cose piuttosto curiose che sono emerse: i siti collegati a Salvini sono accomunati in rete al M5S, visto che hanno la stessa matrice, cioè la pubblicità, legata agli stessi soggetti. Quello che interessa è capire come mai fanno finta di scontrarsi e poi su questo terreno Salvini e Di Maio sono la stessa cosa».
Un’interpretazione malevola che il Fatto Quotidiano ha già dimostrato essere senza alcun fondamento rivelando che, in relazione alla questione dei codici Google utilizzati tanto dai siti vicini a M5S quanto a quelli vicini a Salvini, l’azienda di Mountain View ha inviato sia al Fatto che al New York Times una replica ma il quotidiano americano ne ha pubblicato solo una parte. Ed è la stessa Google a spiegare anche al Nyt che l’utilizzo di codici identici su siti non collegati fra di loro «non è un indicatore affidabile che due siti siano connessi» poiché «qualsiasi editore che utilizza la versione self-service dei nostri prodotti può aggiungere il codice al proprio sito. Spesso vediamo siti non collegati che utilizzano gli stessi Id» ma «non possiamo speculare sul motivo per cui hanno lo stesso codice».
Un altolà alle manovre del Pd che cerca di buttarla in caciara gettando sugli avversari politici l’accusa di utilizzare le fake news invece di cercare di batterli sul terreno democratico della sfida elettorale arriva oggi anche dal Garante della Privacy, Antonello Soro. Che rigetta l’idea di affidare ad un algoritmo il compito di “arbitro della verità” in materia di fake news: «Quello che bisogna evitare», nel trattamento delle fake news – ha detto a margine di un convegno è «da una parte attribuire ai gestori delle piattaforme digitali il ruolo di semaforo, lasciando loro una discrezionalità totale nella individuazione di contenuti lesivi. E dall’altra evitare di immaginare di attribuire ad un algoritmo il compito di arbitro della verità. Mi sembra davvero in controtendenza non solo rispetto alla storia del diritto ma anche della cultura democratica e del buon senso». Ecco, cultura democratica e buon senso. Proprio ciò che manca ai sedicenti democratici del Pd.