A David Lynch, tra segreti e incubi, anche il premio della Festa di Roma

4 Nov 2017 14:32 - di Bianca Conte

David Lynch torna sul red carpet per ritirare l’ennesimo premio: stavolta è nella nostra capitale, e l’ultimo riconoscimento alla sua carriera arriva dalla festa del Festa del Cinema di Roma dove, nella Sala Sinopoli dell’Auditorium Parco della Musica, e dalle mani di Paolo Sorrentino, riceverà il Premio alla Carriera. Nell’occasione, il poliedrico cineasta incontrerà il pubblico della Festa e ripercorrerà la sua straordinaria opera da The Elephant Man a Mulholland Drive, da Blue Velvet a Inland Empire fino alla serie cult I segreti di Twin Peaks.

David Lynch, un cineasta “diverso”

Visionario. Onirico. Eclettico. Surreale, invincibilmente influenzato dal felliniano  e, soprattuto, geniale, David Lynch, artista anticonformista che ha fatto del gusto per la sperimentazione estrema la sua cifra stilistica, è ripassato anche per Roma e ha omaggiato il suo festival. E roma, il mondo del cinema e il pubblico festivaliero, lo hanno icnoronato con un nuovo premio alla carriera. Una carriera, quella di David Lynch grazie alla quale – come da lui stesso sostenuto a più riprese – «i film raccontano di strani mondi dove non puoi entrare a meno di non costruirli tu stesso. E io amo andare in questi strani mondi»… Non a caso, spesso, non sapendo come etichettarlo, la critica cinematografica – che invece ama ricondurre a scuole e a marchi di fabbrica i maestri della settima arte – ha risolto definendo il cineasta “diverso”. E certamente, diverso per stile, spunti e realizzazione, David Linch lo è sempre stato. Fin dagli esordi di Six figures getting sick (Sei figure che si ammalano), il cortometraggio dal titolo a dir poco indicativo con cui il regista americano ha debuttato sulla scena, seducendo un pubblico di nicchia e i critici più integralisti che, di lì a breve, Lynch avrebbe conquistato definitivamente con un altro corto d’eccezione…

Un cammino creativo ancora in corso

Un titolo del calibro di The grandmother, racconto filmico dall’inquietante soggetto, che racconta la storia di un bambino che pianta alcuni semi, da cui spunterà una nonna, e a cui seguirà il primo lungometraggio, Eraserhead. La mente che cancella (1977), il titolo con cui il regista sfida la miseria: finiti i soldi della produzione e esauriti i fondi messi a disposizione da amici e parenti, David Lynch decise infatti di dare fondo anche alle sue disponibilità, vendendosi persino la casa. Ma avrà ragione, ancora una volta, del suo modo “diverso”, “estremo” di procedere: dopo alcune difficoltà di distribuzione il film, che piacque subito molto alla stampa di settore, diventerà un cult che gli aprirà le porte della Hollywood che conta. L’ascesa è ufficialmente cominciata: questa sera a Roma l’ultima tappa di un cammino creativo e di un successo ancora generosamente in corso.

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