«Vivo con 480 euro di pensione e l’Inps mi scrive che…»: le lettere choc in arrivo
“Chi ti scrive, Maria? Devo essere geloso?”. Il marito Peppino, classe 1946, la prende bonariamente in giro e lo fa per stemperare la tensione. Dopo le due lettere dell’Inps con la richiesta di rimborso, però, la moglie non riesce a mascherare il tremolio alle mani quando ne apre una. “Teme che le vogliano togliere altri soldi” dice all’Adnkronos il suo compagno di una vita. Lei non parla, si vergogna, ma “scriva pure che sono io” perché “siamo una famiglia”. La signora ha ricevuto due missive con altrettante richieste di recuperare somme “non dovute” pari a qualche centesimo in più di 154 euro annui. “Pochi per qualcuno, ma tanti su una pensione mensile di circa 480 euro” commenta Peppino. E’ una beffa, è una storia che grida vendetta. Doccia fredda per i pensionati. Secondo l’allarme, lanciato dalla Fipac, la Federazione dei Pensionati aderente a Confesercenti, non sarebbe l’unica ad averle ricevute e “in giro ce ne sarebbero parecchie”, ma neanche dall’Inps sanno dire, per ora, quante ne hanno mandate. L’Istituto nazionale di previdenza sociale parla di “un normale ricalcolo a conguaglio” come quello delle bollette e “non di un errore”, mentre la Federazione dei Pensionati sostiene che la Corte di Cassazione nel gennaio scorso ha stabilito una volta per tutte che “il rimborso non può essere richiesto”. La questione, sottolinea all’Adnkronos Lino Busà, direttore del Fipac “va avanti da anni, ma pensavamo fosse conclusa”. L’ente erogatore, ha chiarito la Corte di Cassazione nella sentenza numero 482/2017, può rettificare le pensioni per via di errori di qualsiasi natura, commessi in sede di attribuzione o di erogazione, a meno che l’indebita prestazione sia dovuta a dolo dell’interessato (il pensionato, ndr.). “Pensavamo che lettere di questo genere da allora fossero finite, ma non è così. E’ uno choc per tutti, ma immaginate cosa possa essere per un anziano che vive dell’assegno mensile”. I più deboli ancora sotto scacco.
“L’Inps fa le pulci ai pensionati”
Questa la vicenda. “L’Inps ci ha scritto il 18 marzo del 2015 – racconta all’Adnkronos il marito di Maria, mentre lei gli sta accanto e annuisce – dicendoci che ‘dal calcolo effettuato’ sulla base della dichiarazione dei redditi per l’anno 2012 ‘le è stato pagato un importo non dovuto pari a 154,53 euro’ e che sarà ‘trattenuta presso la sua pensione per 12 rate mensili a partire dal mese di aprile 2015′”. La signora paga anche se a malincuore visto che, sottolinea il marito, “non arriva a 500 euro di pensione al mese”. Non fa ricorso, ma certo non si aspettava di vedere arrivare un’altra lettera. La mattina del 29 marzo del 2017 l’Inps le scrive di nuovo, precisando che “in seguito alle necessarie verifiche reddituali”, relativi all’anno 2013, “è risultato che le è stata corrisposta la somma di 154, 88 euro non dovuta”. “Siamo pertanto costretti a provvedere al recupero di questo importo – scrive l’Istituto di Previdenza – mediante trattenute mensili sulla sua pensione, a partire da aprile 2017 per complessive 12 rate”.
Un calcolo errato, ma sulla base di un bonus non dovuto negli anni scorsi. “L’Inps fa le pulci ai pensionati” commentano da 50&Più Enasco. “Da qualche settimana, sta inviando a tanti pensionati una nota con la richiesta di restituzione di un importo pagato e non dovuto pari a circa 154 euro e riferito agli anni 2013 e 2014” dice all’Adnkronos Gianni Tel di 50&Più Enasco. “Si tratta di un importo aggiuntivo corrisposto agli interessati, in base alla legge numero 388 del 23 dicembre 2000 (Legge Finanziaria 2001, ndr.)”, destinato ai titolari di una pensione inferiore o pari al trattamento minimo Inps. La somma viene, però, “data in via provvisoria in attesa della verifica reddituale, che viene fatta dopo qualche anno, così come sta accadendo al momento per gli anni 2013 e 2014”. E probabilmente, aggiungiamo noi, è successo lo stesso anche per la prima lettera di rimborso, arrivata nel 2015 per il 2012.
Dall’Inps spiegano all’Adnkronos che “non si tratta di un errore”, ma di un “ricalcolo a conguaglio”. Difficile dire quante di queste lettere siano partite, ma si tratta dei conti precisi, fatti a distanza di anni, di quanto dovuto sulla base di quanto percepito. “Ci sono delle prestazioni, che vengono erogate sulla base del reddito – sottolineano dall’Istituto -, attribuite in maniera presuntiva in base al reddito presunto. Sennò dovremmo aspettare troppo per darle”. In pratica vengono erogate delle cifre, partendo dal reddito ipotizzato e, una volta fatti i calcoli su quello reale, “si chiedono i soldi indietro o si danno perché”, precisano, “il calcolo può anche essere favorevole al pensionato”. “E’ un meccanismo, previsto dalla legge, che porta a questo tipo di lettera. Nessuno, però, in caso di soldi in più, di saldo positivo, ci ha mai contattato” concludono dall’Istituto di previdenza.