Nell’inferno di Mosul: la moschea Al-Nuri distrutta è il segno della resa dell’Isis (I VIDEO)
Su questo, almeno, la comunità internazionale concorda: la distruzione della moschea al-Nuri e del minareto Al-Hadba di Mosul è “una dichiarazione ufficiale di sconfitta” da parte dell’Isis. E oggi, a sostenerlo una volta di più è, soprattutto, il premier iracheno Haider al-Abadi raccontando che l’Isis li ha fatti saltare in aria quando l’esercito di Baghdad era arrivato a 50 metri dal luogo simbolo dove, nel 2014, Abu Bakr Al-Baghdadi, aveva annunciato la creazione del Califfato.
Nell’inferno di Mosul: Isis alla fine?
Una violenza, solo l’ultima, perpetrata ai danni della storia e dei suoi simboli, tanto che, come un suggestivo reportage dalla trincea irachena proposto da La Stampa riporta, «il generale Joseph Martin, comandante della Operation Inherent Resolve, tuona: «Questa organizzazione brutale è diventata annientatrice e nichilista». Nessuna tregua e nessuna pietà. Nessun prigioniero, ma un intero mondo, culturale e civile in ostaggio, in questa interminabile battaglia per la liberazione di Mosul, la seconda città dell’Iraq, martoriata da ormai oltre tre anni di dittatura jihadista, e oggi al dolorosissimo redde rationem militare. Una resa dei conti in cui Mosul piange oggi l’ultima perdita: quella della moschea di Grand al-Nuri che, a dispetto della storia che dal 1173 ne aveva fatto il simbolo intestato a Nuruddin al Zanki, eroe “anticrociato”, Abu Bakr al Baghdadi aveva trasformato nel luogo della nascita – e a questo punto della capitolazione finale – del Califfato nero auto-proclamato e oggi in trappola.