Adesca 2 minorenni su Fb e i giudici lo assolvono: voleva solo scherzare…
A proposito di giudici e sentenze “originali”, quanto accaduto a Torino suona un po’ come se una persona, subìta una truffa di qualche centinaia di euro, denunciasse l’accaduto e si vedesse rispondere da un tribunale che il bottino sottratto con l’inganno, essendo di scarsa entità, non rappresenta di per sè un furto da condannare e, dunque, un reato da sanzionare. Perché è esattamente quanto accaduto in aula a Torino dove un 23enne, alla sbarra per aver adescato due minorenni su Facebook, è stato assolto in quanto l’approccio mirato alla “conquista virtuale” – a cui avrebbe dovuto seguire, ben intenso, anche l’incontro sessuale – è stato – a detta dei togati – «impersonale», perché «realizzato attraverso il social network Facebook e non, ad esempio, mediante una conversazione telefonica».
Adesca su Facebook due minorenni: assolto
Un caso che suscita quanto meno perplessità – quello riportato da La Stampa – che, nel riferirsi a episodi datati 2013, dimostra quanto l’intepretazione della legge possa in alcuni casi travalicare l’oggetività dei fatti, alternandole spesso anche la natura. E allora, come riportato dal quotidiano torinese, lanciato il messaggio nella bottiglia nel mare – torbido – della Rete, il giovane imputato, un 23enne, tra specchietti delle allodole e inconfutabile chiarezza, scrive: «Verresti con me in cambio di un lavoro da barista pagato 70 euro al giorno? Il bar si trova in un centro sportivo». La prima delle regazze che prova a rispondere all’appello, non capendo da subito cosaquell’oifferta potesse nascondere tra le righe, domanda: «In cambio io cosa dovrei fare?». La risposta del giovane è più esplicita – e direi al quanto lontana dall’impersonale – che mai: «Dimmi tu cosa sei disposta».
Il tribunale lo assolve: approccio «impersonale»
Ma tanto, evidentemente, non è bastato perché il tribunale mettesse all’indice il 23enne, anzi: per il giudice Rossella La Gatta si sarebbe trattato solo di un’offerta, per altro caduta nel vuoto. «L’approccio rimase tale – scrive – senza che fosse avviata una trattativa tra i due interlocutori». Poi, a ulteriore rinforzo di quanto sostenuto, prosegue: «A tali considerazioni si aggiunga quella relativa alle modalità impersonali dell’approccio, realizzato attraverso il social network Facebook e non, ad esempio, mediante una conversazione telefonica». E dunque, assoluzione sia: del resto gli stessi avvocati dell’imputato sostennero la teoria dello «scherzo», malgrado il pm Patrizia Gambardella avesse chiesto una condanna a un anno e sei mesi…