Emanuele, minacce ai familiari dei fermati. Alcuni parenti lasciano Alatri
La brutalità e la ferocia del pestaggio che ha ucciso Emanuele è una ferita aperta ad Alatri ed era comprensibile che finisse così: con le minacce e gli insulti ai familiari dei due fermati nella notte a Roma, dove erano fuggiti dopo l’omicidio. I due sono ritenuti dal procuratore De Falco i responsabili “della condotta che ha determinato l’esito letale”. “Ai due al momento – ha aggiunto il Procuratore Capo – è contestato l’omicidio volontario per motivi futili. In merito alla convalida: spetta al gip della capitale, dove è avvenuto il fermo”. Si tratta dei fratellastri Mario Castagnacci (27 anni, cuoco), ritenuto l’esecutore materiale di uno dei pestaggi (quello risultato letale), e Paolo Palmisani (20 anni).
Proprio la famiglia di quest’ultimo, come riporta Il Messaggero, ha dovuto lasciare Alatri. A parlare è lo zio che parla di minacce e in qualche modo “giustifica” il nipote e la sua furia bestiale: “Mi chiedo se è vero quello che raccontano. Paolo è magrolino, bulletto come tutti i ragazzi della sua età, magari un po’ di più con qualche bicchierino di troppo. Quello che è successo è colpa delle cattive compagnie».
Il papà di Mario Castagnacci – racconta ancora Il Messaggero – “è stato aggredito verbalmente ieri nella piazza centrale di Alatri, a pochi metri dal luogo del pestaggio mortale. A placare gli animi sono stati i vigili urbani della cittadina. Sul posto sono arrivati anche i carabinieri. L’uomo stava recuperando l’ auto parcheggiata in piazza, con cui poi si è allontanato. Il giorno prima invece l’auto di un parente dei fermati era stata data alle fiamme”.
Un clima diverso da quello della notte fatale in cui il branco si è scatenato contro un ragazzo inerme: lì tutti assistevano atterriti e solo dopo il brutale omicidio c’è stato un segno di reazione – tardiva – contro i familiari, alcuni dei quali hanno in ogni caso offerto riparo ai due fermati, facendo prevalere le ragioni del clan su quelle di una repentina giustizia alla quale il povero Emanuele ha diritto.