L’ordine dei medici attacca Zingaretti e chiede: «Revochi il concorso iniquo»
Altro che difendersi in zona Cesarini e invocare il rigore del dibattito ideologico: dopo l’assunzione esclusiva di medici abortisti all’importante nosocomio romano sulla Circonvallazione Gianicolense, Nicola Zingaretti è sotto attacco, e per lui diventa sempre più difficile trovare le ragioni atte a spiegare quanto accaduto e fin qui difeso sul “caso San Camillo”. E così, dopo la bufera polemica che lo ha travolto e che ha lasciato sconcertati dal Cardinal Ruini a Giorgia Meloni, fino al Forum delle Associazioni Familiari del Lazio, adesso il presidente della Regione Lazio è finito anche nel mirino dell’ordine del medici che, rivolgendosi all’inquilino della Pisana, ha tuonato: «Revochi il concorso iniquo».
L’ordine dei medici contro Zingaretti
Una richiesta netta e inequivocabile, quella avanzata dall’ordine dei medici contro il concorso (e i suoi esiti), bandito dall’ospedale San Camillo per l’assunzione di ginecologi non obiettori. Non solo: anche la Federazione nazionale degli Ordine dei medici (Fnomceo) a riuguardo ha aggiunto: «E si pronunci ufficialmente sul caso del nosocomio romano». A chiedere contezza sulla vicenda, allora, è stato in particolare Giuseppe Lavra, presidente dell’Ordine provinciale dei medici-chirurghi e degli odontoiatri di Roma, che commentando l’iniziativa che ha coinvolto la struttura sanitaria capitolina, ha sottolineato: «Prevedere un concorso soltanto per non obiettori di coscienza ha il significato di discriminazione di chi esercita un diritto sancito dalla bioetica e dalla deontologia medica. Soltanto ragioni superiori potrebbero consentire di superare il diritto fondamentale di invocare legittimamente l’obiezione di coscienza in determinate situazioni. Ma queste ragioni “superiori” non ci risulta esistano», ha rilevato quindi il numero uno dei camici bianchi capitolini.
La richiesta di revocare «l’iniquo concorso»
«Infatti, non risulta che i servizi di Ivg, nel rispetto della legislazione, non siano mai stati assicurati nell’azienda sanitaria pubblica. Inoltre, ove si verificassero difficoltà ad assicurare il servizio in questione, si avrebbero numerosi strumenti normativi di carattere flessibile che, utilizzati, potrebbero tranquillamente superare tali ipotetiche difficoltà», ha proseguito Lavra, che poi ha anche aggiunto: «Il fatto che si ricorra invece a una tale forzatura gestionale e amministrativa, conculcando un diritto inalienabile, allarma chi ha il dovere di tutelare la professione medica nei suoi aspetti fondamentali della bioetica e della deontologia che sono ad esclusiva garanzia della comunità sociale», concludeno poi: «Pertanto, come Ordine chiedo al presidente della Regione Lazio di revocare l’atto iniquo. Nutro rispetto per la figura istituzionale del presidente Nicola Zingaretti, verso il quale ho una mia personale opinione positiva, ma temo che in questa occasione possa essere stato mal consigliato. Al contempo chiedo anche che al Comitato centrale della nostra Federazione nazionale, la Fnomceo, di pronunciarsi ufficialmente su questa vicenda». Il dado è tratto: ora si attendono le risposte.