Violenze anti-fasciste e assalti a CasaPound: retata tra gli anarchici (video)
“Usavano violenza per affermare la propria ideologia”. Che era, ovviamente, l’anarco-comunismo, quella roba che spesso viene associata al pacifismo, ed è questo il vero paradosso. Con questa motivazione, oggi, a Firenze, è scattata una “retata” contro un gruppo di estremisti di sinistra, con una serie di misure cautelari, tra cui provvedimenti di arresti domiciliari, emesse dal gip del Tribunale del capoluogo toscano. Tutte le misure sono state eseguite stamani nei confronti di esponenti anarchici fiorentini.
Gli anarchici avevano costituito
un’associazione a delinquere
I militanti anarchici sono indagati con l’accusa di “aver costituito un’associazione a delinquere in seno ai predetti ambienti che ricorreva alla pratica della violenza per affermare la propria ideologia”. Le misure cautelari sono scaturite dalla conclusione di un’indagine condotta dalla Polizia di Stato e dai Carabinieri, coordinati dalla Procura della Repubblica fiorentina, diretta dal procuratore capo Giuseppe Creazzo. Dalle prime ore di stamani, nell’ambito dell'”Operazione Panico”, è in corso l’esecuzione del sequestro preventivo dell’omonimo stabile nel quartiere di San Salvi, ritenuto la principale base logistica dell’associazione per delinquere di ispirazione anarchica. I fatti contestati agli indagati riguardano una serie di gravi episodi di violenza commessi nel corso del 2016, sfociati in reati che vanno dalla violenza, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, a ripetuti danneggiamenti di sedi politiche, edifici del centro storico cittadino, automezzi delle forze dell’ordine e di soccorso. Gli anarchici indagati sono accusati anche di porto di b, detenzione e trasporto di materiale esplodente, violenza privata nei confronti di cittadini, fino alla rapina impropria. Tra gli episodi contestati agli anarchici indagati, anche atti contro CasaPound.
Violenza e resistenza
ai danni di pubblico ufficiale
I reati contestati vanno da violenza, resistenza e lesioni a pubblico ufficiale, a ripetuti danneggiamenti di sedi politiche, edifici del centro storico cittadino, automezzi delle forze dell’ordine e di soccorso, porto di armi improprie, detenzione e trasporto di materiale esplodente, violenza privata nei confronti di cittadini, fino alla rapina impropria. Diversi gli episodi pianificati ed eseguiti dal gruppo anarchico, ricostruiti nell’indagine dalla Procura, nel corso del 2016. Il primo episodio contestato risale al 14 gennaio 2016, quando gli indagati si sono resi responsabili dell’irruzione nella libreria CasaPound di via D’Annunzio, a cui fece seguito nemmeno un mese dopo, il 3 febbraio, l’esplosione di una bomba carta davanti alla sede di CasaPound. All’irruzione presero parte oltre venti persone, per la maggior parte incappucciati e armati di mazze e bastoni, che lanciarono all’interno del locale un potente artifizio pirotecnico “Red Thunder” (che fortunatamente non esplose, poiché altrimenti avrebbe provocato lesioni alle persone che si trovavano all’interno).
Una lunga lista di episodi
contestati agli anarchici
Contestato anche un episodio avvenuto il 21 aprile 2016, con gravi incidenti con le forze dell’ordine in lungarno Generale dalla Chiesa. I fatti scaturiscono da “una violenta e immotivata reazione” da parte di un consistente numero di militanti anarchici nei confronti di una pattuglia dell’Arma dei Carabinieri impegnata ad identificare due giovani a bordo strada in lungarno Generale dalla Chiesa. A seguito delle ulteriori indagini relative ai partecipanti ai gravi episodi di aggressione, nel corso dei quali rimasero feriti otto operatori tra carabinieri e poliziotti e che portarono all’arresto di 3 persone, furono identificate altre 7 persone ritenute responsabili, in concorso con gli arrestati, di lesioni personali e resistenza a pubblico ufficiale, nonché di danneggiamento aggravato alle
autovetture di polizia al fine di impedire l’identificazione e l’accompagnamento presso gli uffici di polizia di alcuni altri partecipanti all’aggressione alle forze dell’ordine. Agli indagati è contestato anche l’episodio del 25 aprile 2016 nel quartiere di Santo Spirito. Nel pomeriggio e nella serata del 25 aprile, dopo il regolare svolgimento della consueta manifestazione antifascista in Santo Spirito, si verificò “un’autonoma ed indipendente manifestazione da parte di una cinquantina di sodali” degli arrestati che, radunatisi in pizza Tasso, “scorrevano per lo più travisati le vie del quartiere”. Nel corso della manifestazione si registrarono consistenti imbrattamenti sugli edifici del quartiere, con scritte contro i fascisti e gravemente offensive e minacciose nei confronti delle forze dell’ordine. Fu imbrattato con scritte anche un veicolo di soccorso. Questi fatti culminarono con l’aggressione alla proprietaria di un bar della zona in seguito al furto di diverse bottiglie di alcolici da parte di alcuni “facinorosi, sfociato in una rapina impropria nei confronti della titolare che tentava di opporvisi”. Durante l’indagine sono state identificate, quali responsabili a vario titolo dei reati di rapina, violenza privata, imbrattamenti aggravati su edifici storici, danneggiamento, travisamento e manifestazione non preavvisata, oltre trenta persone.
Azioni premeditate contro
obiettivi recisi
I reati contestati agli indagati sono risultati “essere perpetrati tutt’altro che occasionalmente“. Secondo quanto emerso dalle indagini, “essi risultano infatti avvinti da un filo di continuità, frutto di un programma organico condotto da un’associazione appositamente costituita ed organizzata secondo precisi stilemi: la condivisione di basi logistiche nei centri occupati tra cui principalmente “Villa Panico”, nel parco di San Salvi che, per tali motivi, è da stamani oggetto di esecuzione di sequestro preventivo; la gestione da parte dei leader del gruppo di una “cassa comune” per il finanziamento delle azioni e delle spese legali
conseguenti e di una “biblioteca comune” come luogo di incontro; la rivendicazione di ciascun atto con scritte murarie che rappresentano la “firma del gruppo”. E ancora: il coinvolgimento dei responsabili dell’associazione per delinquere “in ogni azione delittuosa emerso anche nel corso delle intercettazioni telefoniche che hanno consentito di rendere visibile la concreta struttura dell’organizzazione. I gregari facevano riferimento e tenevano costantemente aggiornati i responsabili del gruppo da cui ricevevano precise indicazioni sulle iniziative da organizzare”. Infine il ricorso sistematico all’uso della violenza e dell’intimidazione del gruppo per commettere i reati, “non solo contro e forze dell’ordine – che rappresentano un obiettivo preciso della lotta politica anarchica – ma anche contro ignari cittadini costretti a subire varie forme di violenza”.