Se il sole (dell’Occidente) risorge ad Est e dalla Russia di Putin

2 Gen 2017 14:38 - di Alberto Cardillo

Il primo grande evento del 2017 sarà il giuramento del 45° presidente degli Stati Uniti d’America, Donald J. Trump. Il primo presidente americano sponsorizzato e sostenuto dalla Russia. Chissà cosa avrebbero pensato, quasi trent’anni fa, i milioni di americani in fila per vedere “Caccia a Ottobre rosso”, l’ultimo kolossal della guerra fredda, dove il grande stratega e capitano sovietico Marko Ramius -magistralmente interpretato da Sean Connery- a bordo del suo sottomarino a propulsione atomica abbandonava la (cattivissima) madre Russia per riparare in America, immaginario paradiso dei diritti e della serenità.

La notte dell’Europa

Da allora tanta acqua è passata sotto i ponti: la caduta del muro di Berlino, la dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’avvento della globalizzazione, il terrorismo jihadista, il progressivo ritiro degli Usa dal medioriente e dal mediterraneo, il disastro delle c.d. primavere arabe. Da tutti questi fattori estremamente sintetizzati, è scaturito un progressivo svuotamento della civiltà occidentale, dei suoi valori e del suo potere di influenza sugli assetti del mondo intero. L’illusione del progresso a ogni costo, figlio del miraggio positivista secondo il quale bisogna sempre e solo andare avanti – non importa poi tanto in quale direzione – bruciando tutto quello che sta dietro, ha condotto l’intero mondo occidentale non solo a perdere la leadership esclusiva di influenza nella gestione degli affari mondiali più importanti, ma anche a vivere una profonda crisi esistenziale e d’identità. Un Occidente che rinnega la propria storia, abiura le proprie radici cristiane, che moltiplica all’infinito forme di famiglia distruggendo quella della grotta di Betlemme, che mette in crisi i propri modelli economici con l’esasperazione di gabbie oppressive come l’Euro e di un globalismo senza regole, rappresenta senza dubbio un sistema di Nazioni e di valori che vaga nella notte.

La crisi dei modelli progressisti

La crisi dei modelli progressisti sta mostrando la corda, ovunque in Occidente si stanno affermando movimenti e leader che parlano il linguaggio delle culture nazionali e delle tradizioni occidentali. La Brexit, la vittoria di Trump, la grande cavalcata di Hofer sconfitto in una battaglia all’ultimo voto nelle presidenziali austriache, l’avanzata delle forze antisistemiche in Italia, l’affermarsi del lepenismo -non solo in Francia- e la vittoria di Fillon alle primarie dei gollisti francesi, confermano una sorta di voglia di “tornare a casa” dei Popoli occidentali. Ma dov’è la casa? Probabilmente può risultare beffardo o – per i politicamente corretti – irrispettoso dirlo, ma la rinascita dell’Occidente dei valori profondi non può prescindere dall’ortodossia -in tutti i sensi- di quello che fu il grande nemico, “l’impero del male” di reganiana memoria: la Russia. Certo, c’è anche una piccola dose di provocatorietà nel dire che “il sole risorge ad est”, ma guardando con obiettività ai fatti degli ultimi anni, non si può non riconoscere alla Russia non solo il riacquistato ruolo di potenza politica e militare di primissimo piano, ma anche la centralità nella difesa dei valori tradizionali della cristianità per millenni alla base del sistema di valori dell’Occidente.

L’ultima trincea: Putin

Può sembrare una contraddizione in termini ma così è: l’ultima trincea di valori forti in difesa della nostra cultura è stata difesa da una nazione che si stenta a definire occidentale e che probabilmente non lo è, per la sola ragione che la Russia è un mondo a parte con una comune base valoriale della quale però -a differenza nostra- essa non si vergogna. Anzi l’ha difesa e la difende sul campo, sia dalle insidie interne del vuoto progressismo sia dalla minaccia distruttiva esterna del jihadismo. Il rinnovato protagonismo russo nel medioriente e recentemente anche nel mediterraneo, ha impedito l’avanzata del terrorismo internazionale, che senza dubbio -ormai possiamo dirlo- ha trovato terreno fertile nel facilmente prevedibile fallimento delle c.d. primavere arabe sostenute dagli Usa, con il placet europeo. Sempre la Russia del vituperato Putin, in questi giorni facendo sedere allo stesso tavolo i rappresentanti di Turchia e Iran per discutere sul futuro della Siria liberata dal jihadismo, ha realizzato il miracolo diplomatico e culturale di aprire il dialogo tra potenze regionali sino ad oggi ostili. Ecco perché, nonostante i mille limiti del “colosso dai piedi d’argilla”, la Russia si pone oggi come potenza da rispettare e con cui collaborare nella ridefinizione del nostro mondo occidentale. Affinché la notte finisca presto.

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