“La Costituzione in rosso”. Mazzanti smonta la vulgata antifascista
Un’opera controcorrente, originale, mai sopra le righe. La Costituzione in rosso (edizioni Lupo) di Massimiliano Mazzanti, giornalista di lungo corso e scrittore, è una ricerca minuziosa , della matrice storica della Costituzione italiana del ’48, è uno studio che ha il merito, ben documentato, di ribaltare la vulgata comune che da decenni considera a torto l’impianto costituzionale improntato ai “valori” della Resistenza e dell’antifascismo. La Costituzione in rosso (e in nero), fresca di stampa, sarà presentata mercoledì 21 dicembre a Bologna, nella sede del Centro sociale Baraccano (via Santo Stefano 119) alla presenza dell’autore e di alcuni portavoce della “battaglia” del No al referendum.
Mazzanti conia la Costituzione in rosso e nero
Una certezza granitica, la matrice resistenziale, che Mazzanti smonta per pezzo appoggiandosi alla storia e al clima dell’Assemblea costituente nella quale prevalse l’impostazione “centrista”, rappresentata da un giovane e promettente Aldo Moro, sulla lettura più radicale rappresentata da Togliatti. Se si esclude la norma transitoria che vieta la ricostruzione del disciolto Partito fascista. Solo l’allora Movimento sociale fu escluso all’Assemblea costituente, non tanto per ragioni anagrafiche ma per essere fondato per la maggior parte dai fascisti, gli sconfitti della seconda guerra mondiale. Una scelta dei “vincitori” che ebbe conseguenze importanti anche nella dinamica centro/sinistra tra la fine degli anni ’60 e gli inizi degli anni ’70 quando la sinistra si spese come non mai per egemonizzare la società e dialogare con il Psi nel braccio di ferro con la Dc.
L’arco costituzionale
Un’esclusione che non impedì ai missini di collocarsi in una posizione comunque centrale. Chi volesse uscire dalla lettura ideologica e antifascista della Costituzione, questo il filo rosso del libro, non può negare molte tracce della visione fascista dello Stato laddove si ereditano alcune specifiche conquiste sociali del ventennio, dalla difesa della maternità, dell’infanzia, della gioventù e dell’ambiente. Fu quasi fisiologico, ma storicamente falso, rappresentare la Costituzione come fondata sui pilastri e dell’antifascismo, un espediente che giovava all’obiettivo del Pci di conquistare il potere, insomma un’oporazione ideologica (mani rosse sulla Costituzione) e non una scelta accademica.
L’analisi testuale degli articoli
La risposta contro-corrente del volume è poggiata su un’analisi testuale di alcuni articoli dirimenti che dimostra come la parola antifascismo, con tutta la sua portata simbolica, non compaia mai nella stesura definitiva della Carta. Tra le pieghe del libro, scritto nel periodo del furore dell’agone del referendum del 4 dicembre che ha bocciato la riforma Renzi-Boschi ispirata a un restyling di comodo, si sollecita la necessità di una riforma della prima parte della Costituzione, l’ordinamento dello Stato, “diventata – spiega l’autore – una gabbia, una prigione per i cittadini”. Una riforma che può trasformarsi in una preziosa occasione di ripartenza per la destra italiana, oggi dispersa in troppi rivoli, e di tutte le forze antagoniste al sistema. Con il neonato governo Gentiloni, invece, è diventata l’ennesimo strumento per addomesticare e “conculcare” la volontà del popolo italiano.
Nessuna traccia di antifascismo
Il punto di partenza della Costituzione in rosso è la “scoperta” dell’assenza (anche per un rimaneggiamento della prima bozza della carta da parte dei costituenti) esplicita delle parole Resistenza e antifascismo per ragioni diverse di opportunità, testimoniata dal vitalismo della destra degli anni ’50. che fece dell’esclusione dal cosiddetto arco costituzionale quasi una medaglia. Un titolo di merito per rivendicare estraneità e purezza al fenomeno dilagante della corruzione politica. Solo con la nascita atipica di Alleanza nazionale e la vittoria del primo governo Berlusconi, con l’ingresso al governo di alcuni ministri dal passato missino, l’arco costituzionale si sgretolò.
Le buone intenzioni fallite
La Costituzione non è il frutto della Resistenza e della lotta di liberazione, dunque, i padri costituenti scelsero di escludere riferimenti all’esperienza fascista. che molti di loro avevano vissuto in prima persona, anche se la carta (che non ha una struttura coerente) venne strattonata e utilizzata nel corso del primo dopoguerra per escludere la destra politica dal panorama politico e culturale italiano. Una difesa tout court della Costituzione. allora? Tutt’altro, Mazzanti non cede alla “trappola” della ” Costituzione più bella del mondo”, come venne definita, perché non è un mistero che ha il sapore di un valzer di buone intenzioni, spesso smentite nella pratica della legislazione ordinaria. Una Costituzione da riscrivere sottraendola al derby ideologico tra buoni e cattivi.