Firme false, Grillopoli si allarga: quatto indagati a 5 Stelle anche a Bologna

23 Nov 2016 11:22 - di Monica Pucci

Come a Palermo, anche a Bologna ci sono degli indagati per presunte irregolarità nella raccolta firme a sostegno del Movimento 5 Stelle. Si tratta di un’inchiesta che ipotizza a carico di quattro persone la violazione della legge elettorale in occasione delle Regionali 2014, un fascicolo nato da un esposto di due militanti. L’inchiesta è nata da un esposto presentato da due ex attivisti di Monzuno, Stefano Adani e Paolo Pasquino, a seguito del quale i carabinieri hanno fatto centinaia di interrogatori, chiedendo ai firmatari di riconoscere la propria calligrafia, di indicare dove è stata apposta la firma è stata apposta e se ciò sia avvenuto alla presenza degli appositi “certificatori” di lista. Tra i quattro indagati dalla Procura di Bologna nell’inchiesta sulla raccolta firme del M5S per le Regionali in Emilia-Romagna del 2014, c’è anche Marco Piazza, vicepresidente del Consiglio comunale. Ai quattro è contestata la violazione dell’articolo 90 comma 2 del Dpr 570 del 1960. Piazza sarebbe chiamato in causa in qualità di “certificatore”, insieme ad un suo collaboratore e ad altre due persone. Tra le contestazioni, nel fascicolo del Pm Michela Guidi che ha coordinato le indagini dei Carabinieri di Vergato, c’è quella di aver autenticato firme non apposte in loro presenza oppure in luogo diverso rispetto al requisito di territorialità, oppure in mancanza della qualità del pubblico ufficiale. 

Un’inchiesta che scatena quelli del Pd, pronti a cavalcare le disavventure giudiziarie. «Dalla parte della gente solo per carpirne le firme? Da Palermo sembra prendere corpo questo nuovo stratagemma. Non solo firme false, ma anche ignari cittadini avrebbero visto usare dai 5 stelle le firme apposte per il referendum sull’acqua per altri scopi. È sempre più Grillopoli», attacca Ernesto Carbone, della segreteria nazionale del PD. “Grillo, Di Maio e Di Battista evitano di rispondere e si autoassolvono. Qui non si tratta di episodi, ma di una strategia coordinata, fatta di bugie che ricalca quanto avvenuto a Quarto”, conclude Carbone. 

A Palermo c’è del marcio?

La Digos della questura di Palermo, intanto, prosegue le indagini: in queste settimane sono state ascoltate oltre 400 persone per riconoscere le firme depositate dai grillini per partecipare alle Comunali di quattro anni fa. «Nel gruppo del M5S di Palermo c’era del marcio, e quello che è successo con le firme false lo dimostra. La realtà è che nel M5S non c’è democrazia. Gli attivisti storici non avrebbero mai avallato questo modo di fare», è la denuncia di quattro ex attivisti del M5S di Palermo, Fabio D’Anna, Giuseppe Marchese, Alessandro Crociata e Angelo Scribano. Hanno deciso di raccontare quanto accaduto e “come funzionava” il “cerchio magico di Riccardo Nuti”, come dicono oggi. «Assieme alle Iene – prosegue – abbiamo dimostrato che sarebbe bastato molto poco per smascherare i colpevoli e consegnarli alla giustizia. E invece Grillo, Di Maio, Di Battista e Casaleggio si sono limitati a un laconico invito all’autosospensione che tra l’altro è rimasto in larga parte disatteso. Due su trenta hanno fatto mea culpa, degli altri si sono perse le tracce». 

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