Unica cellula negli attentati in Francia e Belgio, la verità in un notebook

5 Ott 2016 17:16 - di Paolo Lami

Massima flessibilità persino nell’opzione degli obiettivi da colpire, scelti, talvolta, alla fine. Covi che ospitavano i terroristi a rotazione e ogni volta riforniti di tutto punto: frigo pieno, tablet connesse a Internet, playstation per ingannare le ore d’attesa. Ma, nel complesso, un progetto di grande ampiezza, ramificato, studiato fin nei minimi particolari. Con obiettivi precisi ma intercambiabili.
Se gli attacchi del 13 novembre a Parigi e del 22 marzo a Bruxelles furono affidati dall’Isis a un’unica cellula, tuttavia appare chiaro oramai dagli elementi raccolti nelle carte dell’inchiesta sugli attentati di Parigi, documenti che oggi Le Monde rende, in parte, noti, che obiettivi e uomini sono stati dislocati, spesso, secondo direttive impartite all’ultimo momento e che i luoghi da colpire potevano essere perfino intercambiabili.
Sembra, ad esempio, che la metropolitana da colpire fosse, inizialmente, quella di Parigi, poi è stato deciso di optare per quella di Bruxelles.
Il primo dei gruppi operativi si chiamava – secondo quanto ritrovato in un computer lasciato dai terroristi in un cestino – “Omar“, nome di battaglia della “mente” del 13 novembre, Abdelhamid Abaaoud, ucciso nel raid della polizia a Saint-Denis il 18 novembre.
Ed è proprio da quel computer gettato in un bidone della spazzatura vicino a uno degli ultimi nascondigli jihadisti, in rue Max-Roos, a Schaerbeek, un comune della capitale belga, che gli investigatori hanno iniziato a riannodare tutti i fili della vicenda e a comprendere quale fosse la reale vastità del complesso progetto terroristico e perché, nonostante tutto, Salah Abdeslam è riuscito a rimanere uccel di bosco per quattro mesi senza che l’immenso dispositivo antiterrorismo di ricerca sguinzagliato sulle sue tracce in Francia e in Belgio riuscisse a rintracciarlo.
In quel notebook che gli agenti hanno ritrovato nel bidone del comune del Belgio c’erano moltissimi elementi che rappresentavano altrettanti fili da seguire: testamenti, ricerche sugli esplosivi e sugli obiettivi come il quartiere degli affari della Défense o l’organizzazione Civitas, un file stranamente memorizzato con il nome “Gioventù Cattolica, monarchico, punk”. Secondo Le Monde i terroristi avrebbero accuratamente crittografato tutti i dati, escluso uno, salvato sul desktop. E’ partito tutto da lì. E ora gli investigatori hanno ben chiaro che seppure dietro tutta la serie di attentati vi fosse un’unica cellula, tuttavia il progetto era molto più ramificato e complesso di quanto si immaginasse inizialmente e coinvolgeva tanto la Francia quanto il Belgio.
E proprio ieri sera gli uomini dei reparti speciali francesi hanno arrestato a Clichy, vicino a Parigi, un giovane di 18 anni che era in contatto con il jihadista francese Rachid Kassim e che gli inquirenti sospettano avesse pianificato un attacco terroristico.
Il diciottenne, incensurato, è stato in contatto, attraverso l’applicazione di messaggeria Telegram, con il jihadista francese Rachid Kassim ed è accusato di associazione per delinquere a scopo terroristico.
Kassim, 29 anni, è stato indicato come l’ispiratore – dalla zona fra Iraq e Siria dove si troverebbe attualmente – di diversi attentatori in Francia. Erano in contatto con lui il killer della coppia di poliziotti uccisi a Magnanville il 13 giugno scorso e quelli del prete di Saint-Etienne-du-Rouvray assassinato in chiesa il 26 luglio.
Kassim avrebbe pilotato anche i progetti del commando di donne bloccato a inizio settembre in relazione all’auto con bombole di gas lasciato nei pressi di Notre-Dame.

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