50 anni fa moriva Attilio Mordini: un gigante della cultura snobbato perché fascista

4 Ott 2016 13:25 - di Antonio Pannullo

Il 4 ottobre 1966, 50 anni fa, moriva prematuramente a Firenze, dove era nato il 22 giugno 1923, Attilio Mordini di Selva, una delle figure più interessanti della cultura italiana, tanto grande quanto volutamente ignorato e snobbato dall’establishment pseudo culturale che imperversa in Italia dalla fine della guerra. Mordini, terziario francescano, teologo, scrittore, giornalista, docente universitario, ha lasciato diverse importanti opere, la più conosciuta delle quali è Il Tempio del Cristianesimo, definito “una Rivolta contro il mondo moderno in chiave cristiana” da Marco Tarchi, nella sua introduzione all’edizione del 1979 (Edizioni Settecolori). Qualcun altro ha definito Mordini “un eroe del dopoguerra”: certo è che fu ed è un intellettuale scomodo, astiosamente quanto pervicemente ostracizzato dalle èlites intellettuali democratiche dell’Italia del dopoguerra, ma la cui memoria è conservata, preservata e rilanciata da un gruppo di estimatori che ne diffondono il pensiero. Oltre al citato Tarchi, anche Franco Cardini (entrambi fiorentini come lui), che ebbe il privilegio di conoscerlo. La vita stessa di Attilio Mordini, breve quanto intensa, testimonia insieme ai suoi scritti qual era la sua concezione dell’uomo e del mondo. Nel capoluogo toscano Mordini studiò dagli Scolopi e dal Salesiani. In gioventù ebbe un indicente che lo rese leggermente claudicante, ma non per questo rinunciò alla sua vocazione attiva: giovanissimo, si arruolò dopo l’armistizio dell’8 settembre, da lui rifiutato, nella IV Divisione Panzer-Pioner e successivamente, nel gennaio 1944, nella Guardia nazionale repubblicana (Gnr) di Firenze, prendendo parte alla Campagna di Russia.

Attilio Mordini è ancora oggi sconosciuto agli italiani

Per la sua adesione incondizionata alla Repubblica sociale italiana, dopo la guerra, ricercato, rimase latitante per circa un anno. Arrestato, stette parecchi mesi in attesa di giudizio, mesi durante i quali contrae la tubercolosi che ne avrebbe segnato l’esistenza. Ci limitiamo a notare che non in tutte le (poche) biografie di Mordini reperibili è fatto cenno a questo suo impegno politico e guerriero controcorrente. Uscito di prigione, riprende gli studi interrotti allo scoppio della guerra e si laurea in Letteratura e filologia tedesca, seguendo contemporaneamente dei corsi alla Pontificia Università Gregoriana. Tornò alla sua vita di Firenze, eccettuato un periodo in cui insegnò all’università di Kiel, in Prussia, tenendo però sempre un profilo schivo, appartato, da studioso,circondato solo da alcuni amici e discepoli, che incontrava in un cenacolo culturale in via della Pergola e nel suo studio in via San Gallo. Tra i giovani che lo frequentavano, o avevano comunque contatti, anche epistolari con Mordini, ricordiamo alcuni di loro divenuti in seguito noti, come appunto Franco Cardini, Neri Capponi, Paolo Armaroli, Primo Siena, Giano Accame, Paolo Buscaroli, Alfredo Cattabiani, Michele Del Re, Fausto Gianfranceschi, Mario Polia e altri. Mordini collaborava a moltissime riviste, tra cui L’Ultima, fondata da Giovanni Papini, Carattere, L’Alfiere, Il Ghibellino, Adveniat Regnum, Antaios e Kairos, quest’ultima pubblicata dai padri benedettini di Salisburgo. Ovviamente, collaborò anche – erano gli anni Cinquanta – con la pagina culturale del nostro Secolo d’Italia ai tempi di Aniceto Del Massa,  anch’egli aderente alla Rsi, il quale oltre alla collaborazione di Mordini, procurò anche quella di Julius Evola.

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