Il re della terra dei Vichinghi si arrende al nichilismo: conta l’amore, non la patria

7 Set 2016 10:38 - di Adele Sirocchi

Vi ricordate di Re Harald, quello della mancata stretta di mano a Matteo Renzi? Il sovrano norvegese il cui figlio ha sposato una borghese povera e divorziata? Bene, alla veneranda età di 79 anni ha stupito i suoi sudditi nel discorso della corona tenuto ad Oslo nel parco del Palazzo Reale. La sua prolusione è diventata subito il “discorso del re”, virale sl web, condiviso e ricondiviso dalla community. E non poteva essere altrimenti visto che il sovrano ha dato un taglio nichilista e libertario alle sue esortazioni: tutte uguali le religioni, tutte uguali le patrie. Bello il mondo senza confini e senza appartenenze. Bello l’amore libero, tra ragazzi e ragazze dello stesso sesso. Ovviamente le “aperture” di Re Harald  hanno suscitato l’applauso planetario. Se è persino un re ad ammettere che il mondo migliore è quello dove ognuno fa quello che gli pare per quale motivo non farne un eroe internettiano?

Ma cos’ha detto il re di Norvegia? “I norvegesi siete voi. I norvegesi siamo noi…la Norvegia è unita, è una, al paese appartengono tutti gli esseri umani che vi vivono per quanto diversi tra loro possano essere”. E poi ancora: “Sono norvegesi ragazze che amano altre ragazze,  ragazzi che amano altri ragazzi, e ragazze e ragazzi che si amano tra loro…i norvegesi credono in Dio, in Allah, in tutto o in nulla”. Poi re Harald ha affrontato il tema dei profughi, sentito al punto dalla popolazione che al governo ci sono ora i conservatori che sostengono una politica di contenimento dell’ondata migratoria: “Sono norvegesi anche coloro i quali sono venuti dall’Afghanistan o dal Pakistan, dalla Polonia, dalla Svezia, dalla Somalia e dalla Siria, immigrati da noi. Anche i miei nonni centodieci anni fa vennero qui emigrando dalla Danimarca e dall’Inghilterra. Non è sempre così facile dire da dove veniamo e quale è la nostra nazionalita. Ciò che chiamiamo casa nostra è il luogo dove è e batte il nostro cuore, e non sempre questo luogo è reperibile all’interno delle frontiere di un paese”. La mia grande speranza per la Norvegia cara patria, ha continuato Sua Maestà, è che la gente si adatti accettandosi a vicenda,  “che noi continuiamo a costruire questo paese basandolo sui valori della fiducia, della comunità e della generosità; che noi siamo consapevoli di essere un solo popolo, nonostante ogni differenza tra noi, che sappiamo sempre che la Norvegia è una e unita”.

Eccolo allora il discorso del Re. Un discorso che riconosce solo alcuni valori: generosità e solidarietà. Stupisce invece il richiamo alla comunità, concetto impossibile da essere anche solo immaginato se la coesione non è basata su un’identità. E solo le identità collettive fortemente sentite possono rendere vera e generosa la mano tesa all’altro. Idee inconcepibili per l’inno al “pensiero debole” innalzato da questo anziano sovrano della terra dei Vichinghi.

 

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