Giunta Raggi nel caos, via anche il ragioniere generale: “Non sanno che fare”
«Abbiamo una ragioneria che funziona benissimo, la delega al momento è mia. Abbiamo un presidente di commissione e stiamo lavorando sul bilancio». Le ultime parole famose di Virginia Raggi sono state pronunciate dodici ore prima dell’annuncio di dimissioni anche da parte del ragioniere generale del Comune di Roma, Stefano Fermante: «L’assessore al Bilancio si è dimesso il primo settembre e la sindaca in tutto questo tempo non ha mai voluto incontrarmi», fa sapere il dirigente del Campidoglio a Repubblica. Un atto d’accusa devastante, che smaschera l’inconsistenza politica della Raggi e della sua giunta. «Sono completamente isolato, lavoro senza un indirizzo politico. Nessuno mi dice cosa fare, i conti sono peggiorati, rischiamo il default». Il default, eufemismo anglosassone che sottointende la bancarotta del Comune di Roma, paralizzato da cento giorni di imbarazzante inerzia.
Fermante sulla Raggi: “Non c’è indirizzo politico”
E che la situazione sia drammatica, ma anche al limite del ridicolo, è confermato dalle reazioni degli esponenti di spicco dell’assemblea capitolina del M5S. «Se il ragioniere generale Stefano Fermante si è dimesso? L’ho appreso adesso a mezzo stampa, verificherò quello che è successo». Così il capogruppo pentastellato in Campidoglio Paolo Ferrara interpellato a margine dell’assemblea capitolina sulla notizia riportata da la Repubblica secondo cui Fermante ha rimesso il mandato nelle mani della Raggi. «Niente dimissioni, non mi risulta – commenta ancora più candidamente un altro grillino, il presidente della commissione capitolina bilancio Marco Terranova che dovrebbe essere il primo a sapere di un fatto così grave – non sono informato abbastanza per rispondere». Appunto l’incapacità di dare una risposta anche alle domande più banali è la cifra del governo pentastellato al Comune di Roma. Una incompetenza e una confusione che ha portato, uno dopo l’altro, a mollare l’assessore al Bilancio Marcello Minenna, il suo successore Raffaele De Dominicis, e, prima ancora della nomina Salvatore Tutino. Non un complotto dei poteri forti, come sostiene la propaganda grillina, ma molto più banalmente, una conclamata incompetenza a cinque stelle.