Migranti a Capalbio, da Testa a Petruccioli così straparlò la sinistra

16 Ago 2016 13:16 - di Lisa Turri

L’emergenza migranti stravolge il linguaggio della sinistra. E non solo della “sinistra fighetta” che ha eletto Capalbio a roccaforte progressista della villeggiatura politicamente corretta. Basta leggere quanto ha dichiarato Paolo Cento, segretario romano di Sel, uno che si sente a casa nei centri sociali e che ha fatto dell’accoglienza un tabù infrangibile: “La cosiddetta sinistra radical chic e anche qualche sindaco Pd scenda dai salotti del buonismo a casa degli altri e si prenda la propria parte di rifugiati a Capalbio e nei quartieri ricchi delle città perché fino ad oggi la pressione dei flussi migratori è stata vissuta soprattutto nelle periferie metropolitane e sui ceti sociali più popolari e questo ha contribuito ad alimentare intolleranza e disagio sociale”. I migranti non possono pesare sulle fasce deboli: sembra di sentir parlare Matteo Salvini… e invece no. A giustificare l’intolleranza è addirittura un esponente della sinistra radicale.

Ma i frequentatori di Capalbio, anche se sono illustri esponenti dell’area democratica, non demordono e continuano a porre condizioni per l’arrivo nella cittadina di 50 rifugiati. Chicco Testa, ex deputato Pci e Pds, sul punto è chiarissimo: “Sì all’arrivo dei 50 migranti in paese se lavorano, no alla loro presenza se devono stare a bighellonare tutto il giorno”. E nessuno si azzardi a dire che è una considerazione “razzistica”. “Siamo campioni nel farci del male – continua Testa – a forza di gridare ‘aiuto arrivano i profughi’ si rischia di danneggiare il paese, che ha una vocazione turistica innegabile e che ovviamente conta. Dunque fateli arrivare e lavorare. Punto”.

Meno netto il pensiero di Claudio Petruccioli, ex parlamentare Ds, sul tema. Non dice no all’arrivo dei migranti ma qualche paletto lo mette: “L’importante è avere una comunicazione precisa sull’arrivo dei profughi – afferma in un’intervista al Corriere – dare un’informazione puntuale ai cittadini. Quest’aria di mistero che si è creata a Capalbio deve cadere al più presto”. E il professor Alberto Asor Rosa, che dal 1976 usufruisce dell’oasi di solitudine e bellezza che Capalbio rappresenta, anch’egli interpellato dal Corriere, osserva che tutti i Comuni devono fare la loro parte, anche Capalbio dunque, purché il numero dei migranti sia “sopportabile”.

Commenti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *