Rissa tra donne al vertice dei Tory: la Leadsom si ritira e lascia il campo alla May

11 Lug 2016 16:01 - di Bianca Conte

Aria pesante nel Regno Unito – sempre più spaccato – nel dopo Brexit. Un clima talmente irrespirabile che l’Observer, domenicale del Guardian, è arrivato a definire senza mezzi termini «brutto», e proprio mentre il Sunday Times profetizza «uno scontro brutale», senza esclusione di colpi e senza prigionieri da lasciare in vita, tra le due case politiche dei sudditi al servizio di sua Maestà: Tory e Labour.

Brexit, scontro senza esclusione di colpi tra Tory e Labour

E così, dopo aver spaccato la Gran Bretagna, la Brexit ora rischia di spaccare i due grandi partiti del regno. Nell’opposizione laburista la frattura fra base e nomenklatura, fra il leader Jeremy Corbyn e il gruppo parlamentare che lo contesta, è ormai praticamente insanabile, con la sfida dell’ex ministra ombra Angela Eagle destinata a sfociare in una probabile conta interna con evidente rischio di scissione. Ma lo spettro d’una guerra civile senza esclusione di colpi minaccia pure i Conservatori del dopo David Cameron, con la contesa fra donne nelle ultime ore sempre più rovente, specie dopo la “scivolata” attribuita all’outsider Andrea Leadsom: accusata di aver cercato di far leva sull’essere madre per differenziasi dalla rivale (senza figli) Theresa May.

La Leadsom si scusa con la May, ma…

Un clima infuocato, insomma, su entrambe le sponde del Tamigi, con acque agitate in casa Tory dopo il richiamo al valore della maternità in politica come a una marcia in più per capire meglio il futuro che ha scatenato la bufera su Leadsom. L’ex ministro Iain Duncan Smith, suo sostenitore, ha parlato di una frase travisata volutamente dal Times e d’un «progetto fango» messo in moto «contro Andrea» – paladina della mozione Leave al referendum del 23 giugno – da parte di quegli stessi ambienti fautori del «progetto paura» mirato ad impedire il divorzio dall’Ue. Qualche ora fa, allora, sono arrivate le scuse di Andrea Leadsom a Theresa May nella corsa avvelenata alla guida dei Tory e del governo britannico: la outsider, la cui frase sull’importanza della maternità era stata interpretata come un colpo basso contro la favorita May (che non ha figli), ha dichiarato al Daily Telegraph di aver inviato un messaggio personale alla rivale in cui si è detta «dispiaciuta di averla ferita», rilanciando una volta di più la teoria del fraintendimento giornalistico operato dal Times a fini sensazionalistici.

Lo spettro della scissione anche in casa Labour

Scuse a parte, comunque, diversi deputati, e soprattutto molte deputate, del fronte filo-May sono sul piede di guerra: insistono che la sottosegretaria non ha l’equilibrio né il curriculum per aspirare a Downing Street e che, dunque, dovrebbe proprio ritirarsi. Non solo, 20 di loro si spingono a far balenare l’abbandono del partito laddove Andrea venisse eletta. E così, la parola che nessuno dice in pubblico, ma che è ormai ben più di un sussurro è, appunto, “scissione”. Un concetto che vale più che mai anche per i laburisti. Corbyn, scelto a furor di popolo militante meno di un anno fa, ha perso la fiducia di oltre 170 parlamentari su circa 220. Ma non molla: e infatti, sondaggi alla mano, Corbyn sembra avere ancora il consenso degli iscritti. E, soprattutto, non è disposto a farsi da parte, al massimo a sottomettersi a un nuovo responso della base contrapponendosi alla Eagle o a chiunque altro.

La svolta: la Leadsom lascia il campo alla May

Poi, dopo voci di corridoio che si sono rincorse per ore, la notizia arriva dalla diretta interessata: Andrea Leadsom rinuncia al ballottaggio per la leadership Tory con Theresa May, spianando la strada a quest’ultima per la successione a David Cameron alla guida del governo britannico. Di più: formalizzando la sua rinuncia alla candidatura per la leadership Tory e per Downing Street, Andrea lascia la rivale Theresa May unica aspirante alla carica di primo ministro. Carica per la quale potrebbe essere designata a breve, e ipotesi  rispetto alla quale ha già annunciato: «Se sarò io a diventare premier la Gran Bretagna sicuramente uscirà dall’Ue. Brexit significa Brexit» ha detto la May, promettendo «cambiamenti» anche in economia, con un’impronta più sociale e spazio ai lavoratori nella governance delle aziende. L’intero dossier, adesso, passerà alla direzione del partito, a cui spetterà formalizzarne la nomina a leader.

In casa Labour, invece, Angela Eagle formalizza la sfida a Corbyn

L’ex ministra ombra alle Attività Produttive Angela Eagle, 55 anni, deputata da 24, lancia ufficialmente la sfida per la leadership del Partito Laburista. La Eagle è espressione dei deputati ribelli che intendono rovesciare l’attuale segretario Jeremy Corbyn, il quale tuttavia ha già fatto sapere di essere pronto a raccogliere la sfida. Ore c’è però il rischio di una battaglia legale: gli anti-Corbyn chiedono infatti che il segretario raccolga le firme del 20% dei deputati laburisti (almeno 51) per presentarsi a un nuovo voto fra gli iscritti. Mentre i suoi sostenitori affermano che essendo stato sfidato non ne ha bisogno ed è già candidato di diritto. La questione, però, non è solo tecnica poiché Corbyn non sembra avere in questo momento 51 deputati dalla sua, mentre potrebbe vincere e persino stravincere la partita con Eagle (come con altri sfidanti) di fronte alla base degli iscritti.

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