No al referendum. Da Arezzo prove tecniche di unità. Meloni: siamo pronti

23 Lug 2016 14:28 - di Redazione

«Diamo vita oggi al “Comitato no grazie” con amministratori e presidenti di Regione che sono i più penalizzati da una riforma che poteva fare grandi cose e si accontenta di cose microbe e ridicole». Dal palco dell’Auditorio di Arezzo Giorgia Meloni lancia la campagna per dire no al referendum sulla riforma costituzionale. La leader di Fratelli d’Italia ha sottolineato che il comitato è aperto a chi vuole dire no al referendum ma è anche una «piattaforma per una ritrovata unità di un fronte alternativo al renzismo». La lista dei nomi che hanno aderito è lunga: dal capogruppo di Fratelli d’Italia a Montecitorio Fabio Rampelli a Matteo Salvini, da Raffaele Fitto a Renato Brunetta, da Paolo Romani a Giovanni Toti e Roberto Maroni. In tutto sono 200 tra presidenti di Regione, sindaci, consiglieri e amministratori locali.

Refendum, Meloni: da qui il fronte anti-Renzi

«Non ci sto  al racconto di un Italia in cui l’unica partita possibile è quella tra Renzi e M5s. Le nostre idee – ha detto la Meloni – sono ancora in partita quando riusciamo a rappresentarle con persone credibili, con compattezza e coerenza». Per nulla casuale la scelta della cittadina toscana dove è nata Maria Elena Boschi. «Arezzo è il quartier generale del giglio magico che ci ha regalato anche tanti rapporti abbastanza torbidi tra Pd e mondo economico e dove vivono migliaia di risparmiatori truffati da Banca Etruria e e dove un anno fa il centrodestra ha vinto, dimostrando che le nostre idee sono maggioritarie se le rappresentiamo bene».

Toti: i leader non nascono sotto i cavoli

Giovanni Toti non si sottrae e a chi gli domanda il suo parere sul ruolo di Stefano Parisi come possibile leader azzurro, risponde: «Penso da quando sono piccolo e mi occupavo di giornali per passione, e poi l’ho fatto per mestiere, che il dualismo e la contrapposizione tipo Coppi e Bartali è sempre stato il sale delle pagine di tutti i giornali». Il tema della leadership per il governatore della Liguria «non esiste ed è fuorviante. Il tema è che chi ritiene di poter dare un contributo al centrodestra deve essere bene accetto. La certezza è che le leadership le scelgono i cittadini. I leader non si autoproclamano – ha detto Toti in perfetta sintonia con la Meloni – non nascono per caso e tantomeno si trovano sotto i cavoli. Io sono per il più siamo meglio stiamo: Ben venga Parisi ma anche tanti altri».

Fitto: ripartiamo da qui

Per Raffaele Fitto il no al referendun è una punto di partenza «imprescindibile» per costruire un centrodestra serio e alternativo. Il leader dei Conservatori e riformisti da Arezzo (dove circa 500 amministratori locali si sono ritrovati) ha spiegato che quando ha deciso di rompere con Forza Italia lo ha fatto perché « non condividevamo il patto del Nazareno e abbiamo votato contro la riforma costituzionale e la nuova legge elettorale. Fa piacere che oggi tutti siamo per il no,. ma non è sufficiente. Gli errori di Forza Italia di ieri – ha  concluso Fitto – non possono essere un dettaglio rispetto alla necessità di costruire un’alternativa di governo a Renzi».

Maroni: in Liguria e Lombardia è già così

Bobo Maroni punta i riflettori sulla campagna per il no al referendum sulla riforma costituzionale come “prova tecnica” di unità del centrodestra. «Prove di unità ci sono già concretamente in Lombardia e in Liguria», dice il governatore della Lombardia. «Ora c’è da capire se questo modello che governa la Lombardia può essere replicato e riprodotto. Io penso di sì, lavorandoci ma non è facile. A Roma siamo divisi, ma da noi funziona bene».

 

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