Napoli, truffa allo Stato: scippati i fondi per le imprese, falsificati 60 progetti
Hanno fatto finta di aver realizzato 60 progetti di pubblico interesse in realtà mai svolti. E, per questo, avrebbero illecitamente beneficiato di erogazioni pubbliche destinate dalla Camera di Commercio di Napoli alla tutela dei mercati e dei consumatori oltre che alla promozione dell’impresa e dell’artigianato, dirottandole a vantaggio proprio o di società loro riconducibili. Una vera e propria truffa allo Stato in base alla quale il Nucleo di Polizia Tributaria di Napoli ha arrestato tre persone, Vincenzo Longobardi, Paolo Longobardi e Raffaele Ottaviano, tutti finiti ai domiciliari, ed eseguito sequestri nei confronti di questi ultimi e di altri quattro indagati, tutti legati all’associazione Unimpresa.
L’inchiesta sulla truffa allo Stato è coordinata dal procuratore aggiunto Alfonso D’Avino e dai pm Giancarlo Novelli e Valter Brunetti e i provvedimenti sono stati emessi dal gip del Tribunale di Napoli su richiesta della sezione reati contro la Pubblica amministrazione della Procura della Repubblica di Napoli che ha anche disposto complessivamente un sequestro per l’equivalente di 1 milione e 200 mila euro.
Secondo la Procura di Napoli «a dimostrazione della natura assolutamente fittizia dei progetti, costruiti solo cartolarmente, sono state falsificate le firme sulla ricevute di pagamento per prestazioni o collaborazioni rese dai terzi, sono state emesse fatture per operazioni inesistenti».
«I provvedimenti – spiega D’Avino – fanno riferimento ad una serie di illeciti in danno della Camera di Commercio di Napoli, perpetrati nell’ambito della procedura di erogazione dei cospicui finanziamenti pubblici che l’Ente in questione assegna a beneficio di numerose associazioni di categoria per lo svolgimento di attività progettuali ed eventi di promozione della realtà socio economica partenopea».
Gli indagati avrebbero presentato «documentazione falsa, attestante spese apparentemente inerenti all’esecuzione di oltre 60 progetti di pubblico interesse in realtà mai svolti». Viene contestato il reato di associazione per delinquere nonchè plurimi episodi di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche.
Spiega il procuratore aggiunto Alfonso D’Avino: «sono stati redatti rendiconti non veritieri, è stato dichiarato fittiziamente di aver aperto sportelli informativi presso alcuni Comuni, sono stati presentati piani finanziari identici per più progetti, sono stati chiesti contributi per pubblicazioni già realizzate o per nuove edizioni mai pubblicate, sono stati allegati ai rendiconti assegni utilizzati per l’acquisto di beni o servizi che nulla avevano a che fare con il progetto finanziato».
Ma la Procura che ha indagato sulla truffa allo Stato punta il dito anche in un’altra direzione: «è stata riscontrata inoltre l’assoluta assenza dei controlli svolti dalle competenti strutture o, addirittura, la consapevole complicità di alcuni infedeli dipendenti camerali».