Si ribella al matrimonio combinato: uccide la sorella e ferisce i genitori

1 Giu 2016 13:23 - di Giulia Melodia

L’usanza della pratica tribale del matrimonio combinato continua a seminare morti: e succede ancora in Pakistan. Una costrizione, quella delle nozze imposte alla sposa dalla decisione familiare, contro cui le donne si ribellano sempre più spesso, e che genera sangue, violenza, morte. Sono episodi di cronaca che, indipendente se arrivino dall’estero o dalle nostre città, dove moti immigrati continuano ad attenersi alle loro tradizioni e convenzioni religiose, destano sgomento e indignazione.

Pakistan, giovane si ribella al matrimonio combinato

È proprio di queste ore, dunque, l’ultimo episodio riferito dal quotidiano locale Dawn di Islamabad che, nel raccontare la ribellione di una diciottenne pachistana obbligata a sposarsi con un uomo contro la sua volontà, costringe a registrare l’ennesimo epilogo violento, per quanto nato da un giusto dissenso. E allora la ragazza, decisa a oppoprsi al diktat familiare, è arrivata a impugnare un’ascia per vendicarsi del sopruso che stavano per compiere i suoi: e arma alla mano ha ucciso la sorella maggiore e ferito gravemente padre e madre. La giovane, di cui non è stata resa nota l’identità, è stata arrestata dalla polizia a Mithi, capoluogo del distretto di Tharparkar, nella provincia meridionale di Sindh, e ha confessato di essersi rivoltata contro i suoi congiunti che avevano deciso di darla in sposa ad uno sconosciuto nonostante lei fosse fortemente contraria. Contro la ragazza è stata presentata una denuncia dal fratello, il quale, nel ricostruire i fatti, ha rivelato un elemento che – se possibile – aggiunge dramma al dramma: il giovane, infatti, ha raccontato agli investigatori che la sorella uccisa era incinta e che, se ancora non fosse abbastanza, solo il suo intervento ha evitato la morte anche di suo padre e di sua madre.

Una tradizione arcaica condivisa da molte religioni

Un’usanza tribale, quella dei matrimoni combinati, diffusa tra i musulmani ma anche tra gli indù, gli animisti, e persino tra alcuni gruppi ortodossi. Una realtà che si è spesso rivelata anche da noi, tra le comunità immigrate presenti in Italia, purtroppo sempre a seguito di sanguinosi episodi di cronaca, riconducibili soprattutto a comunità straniere che provengono da paesi di religione islamica tipo Bangladesh, Pakistan, Marocco, Egitto, Algeria, che più frequentemente di altre ricorrono a questo tipo di unioni, ribellarsi alle quali produce sempre più spesso un esito tragico. E ogni volta che il dramma si rinnova – come nell’eclatante casi di qualche anno fa di Shahnaz Begum, uccisa a sassate dal marito a Novi (Modena) per aver difeso la figlia che si opponeva a un matrimonio imposto, o come nell’episodio di Carpi, datato 2006, quando una donna indiana per non cedere al ricatto arrivò a suicidarsi, per non parlare di tutti quei casi in cui si sono addirittura perse le tracce delle vittime – ci si pone di fronte al dramma del conflitto in cui si dibattaono molte comunità pakistane, indiane, bengalesi, maghrebine – solo per citarne alcune a titolo di esmepio eseplificiativo quanto non esaustivo – e di come la talebanizzazione della società abbia bussato persino alle nostre porte…

 

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