Le prove Stub e il cellulare incastrano il killer del maresciallo Mirarchi (video)
Le prove cosiddette “Stub“, che hanno scoperto tracce di nichel sulle sue mani, e le celle telefoniche, che hanno “agganciato” il cellulare di Nicolò Girgenti, 35 anni, sono all’origine della decisione di carabinieri e Procura di procedere nei confronti del vivaista incensurato che sarebbe il presunto assassino del maresciallo dei carabinieri, Silvio Mirarchi, ucciso il 31 maggio scorso mentre effettuava un controllo antidroga in una serra.
A incastrare Girgenti è stata, appunto, la prova dello stub e, in particolare, la presenza di residui di nichel, la stessa sostanza rinvenuta in uno dei bossoli che ha colpito a morte il sottufficiale.
Il particolare è stato reso noto nella conferenza stampa tenuta stamani al comando provinciale di Trapani dei carabinieri alla presenza del procuratore capo di Marsala Vincenzo Pantaleo.
Ma i sospetti su Girgenti, che fino a marzo scorso gestiva le serre in cui è stata rinvenuta la canapa indiana, i militari dell’Arma li nutrivano da tempo.
Secondo gli inquirenti, il presunto omicida era un socio “infedele” di Francesco D’Arrigo, il pregiudicato arrestato perché ritenuto responsabile della coltivazione dello stupefacente.
Nella ricostruzione che hanno fatto, i carabinieri ritengono che Girgenti, la sera del delitto, si trovasse proprio all’interno del campo coltivato a canapa, per asportare alcune piante e che avrebbe fatto fuoco all’indirizzo del militare, uccidendolo, non appena il maresciallo Mirarchi, che con un altro commilitone aveva notato delle luci e percepito voci in dialetto siciliano, ha intimato l’alt, qualificandosi.
Gli esami del Ris di Messina, hanno, infatti, anche appurato che un mozzicone di sigaretta, trovato, tra le piante di canapa, sarebbe stato gettato da Girgenti.
Ma le indagini non sono concluse: gli inquirenti, infatti, ritengono che Girgenti abbia agito almeno assieme a un complice, al momento non identificato. E, tralaltro, dagli esami tecnici eseguiti sul cellulare del vivaista indagato, gli inquirenti hanno appurato che l’alibi fornito da Girgenti non sta in piedi. «Ero a letto che dormivo», aveva detto ai carabinieri. Ma dal suo cellulare, a quell’ora, partivano alcune chiamate che agganciavano le celle di un ponte radio ritenuto compatibile proprio con il luogo dove è stato assassinato il carabiniere Mirarchi.
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